Di ritorno dall'incontro tenutosi questa mattina a Carmagnola (TO) sul Progetto Atlante Orchidee Piemontesi, dopo essere tornato a casa, essermi ripreso dalla calura del mezzogiorno di fuoco che arroventava la Torino-Piacenza, e rinfocillato, apro il forum e con piacere vedo una lunga serie di risposte a questa discussione, che a quanto pare, grazie ad alcuni interventi iniziali un po' pungenti e direi volutamente provocatori, ha finalmente dato uno scrollone al forum, portandoci a confrontarci e a far esprimere ad ognuno le proprie opinioni. Come dicevo questa mattina proprio con Luciano Bongiorni e Mauro Ottonello, il forum credo debba proprio servire a questo, ad annullare le distanze geografiche che ci separano e a permetterci di confrontarci, perchè solo dalle osservazioni e dal confronto reciproco, possiamo crescere e imparare tutti qualcosa!
Per entrare anch'io nel vivo della discussione, a proposito di lumpers e splitters, nonostante sia palese che anch'io sono spesso e volentieri a favore della prima scuola di pensiero, riconosco come affermato giustamente da Luciano B. e Riccardo, che ogni caso debba essere valutato come caso a sè. Non è mai tutto o bianco o nero, nel senso che chiaramente non avrebbe senso schierarsi per partito preso con uno dei due gruppi, a prescindere, ma occorre valutare, genere per genere, specie per specie, se sia il caso di aggregare o di dividere. Anche perché, dobbiamo ricordarci che, se da una parte negli ultimi anni c'è stato un prolificare eccessivo di nuove specie, quanto meno dubbie dal punto di vista tassonomico (o per lo meno, non accettate dagli anglosassoni per farla breve ed intenderci), altre volte però in contrapposizione alla variabilità, e in direzione esattamente opposta, interviene anche la convergenza evolutiva!

.... avremo modo di parlarne;
Ma veniamo al concetto di specie e di sottospecie, e rispondo in parte anche a Riccardo, che chiedeva perché la Op. gresivaudanica non dovrebbe essere una "specie" valida. In questo caso non posso che essere perfettamente d'accordo con quanto scritto da Leonardo, in quanto, come ha perfettamente schematizzato con una serie di domande, occorrono caratteri ben definibili e condizioni particolari per poter parlare di una entità come di "specie" buona. Abusare di questo concetto, scrivendo anche solo per comodità, il nome di una entità direttamente come specie e non usare il termine "subsp." solo per fare prima, quando questo status è stato riconosciuto ed accettato, ritengo sia un errore grave. Mi riferisco ad esempio, per dirne una, a Ophrys funerea invece di Ophrys fusca subsp. funerea, oppure Ophrys tetraloniae invece di Ophrys fuciflora subsp. tetraloniae. Sono piccole accortezze, ma che denotano una attenzione e conoscenza verso il concetto di specie, rango che deve essere supportato da prove forti. Tali criteri sono stati più e più volte affrontati e rivisti da decine e decine di naturalisti, biologici, scienziati e ricercatori nel corso degli ultimi due secoli, ma per le orchidee possono essere ridotti a tre criteri essenziali,
che devono coesistere contemporaneamente per definire una specie come "buona". Vediamoli insieme:
1) In primis, la
morfologia, il parametro più tradizionale, concetto molto semplice e al tempo stesso nebuloso, che riporta alla somiglianza morfologica che deve esserci tra due esemplari appartenti alla stessa specie. Questo concetto ha sostenuto la tassonomia delle orchidee per gli ultimi tre secoli, e continua a farlo. Fondamentalmente, ci aspettiamo che ogni individuo all'interno di una stessa specie debba possedere uno o più caratteri (o combinazioni di caratteri) affidabili, che lo separano da individui di tutte le altre specie. Detti caratteri si dice siano diagnostici e fissi. Naturalmente, ma purtroppo non sempre è così, occorre analizzare molti caratteri e preferibilmente un sacco di singole piante da molte stazioni distinte, prima di poter essere sicuri che abbiamo identificato dei caratteri affidabili e di carattere diagnostico per definire una specie come buona. Non bastano poche popolazioni e una serie di caratteri non sempre affidabili o incostanti, o anzi, che addirittura possono essere variabili da una stazione all'altra. No, devono essere decine di caratteri costanti, in decine e decine di stazioni diverse. Non caratteri che variano "più o meno" da una stazione all'altra. Se è presente tale variabilità dei caratteri, che dovrebbero validarmi una "nuova specie", come "buona", allora forse è il caso di prendere in considerazione che i caratteri che sto considerando rientrino tutti nella variabilità di un'unica specie di rango superiore, che include tutte le varietà e sottospecie sottostanti.
2) Il secondo criterio, che è stato introdotto da Darwin, ma è stato accettato solo dalla metà del 20° secolo, è l'
isolamento riproduttivo. L'origine di quello che divenne ben presto noto, come il concetto di
specie biologica, ovvero il principio che cerca di comprendere il processo evolutivo che con maggiore probabilità ha dato origine alla specie che ne deriva. Popolazioni di genetisti e biologi della riproduzione hanno ripreso i concetti di selezione naturale e di competizione per le risorse di Darwin e Wallace e li hanno applicati all'interno di popolazioni composte da un insieme di individui che sono in media più adatti al loro ambiente circostante e li hanno riformulati in termini di interazioni ecologiche all'interno delle popolazioni. Se i soggetti erano in grado di incrociarsi all'interno di popolazioni naturali, senza incorrere in gravi danni per la loro sopravvivenza (es. la loro capacità di sopravvivere e riprodursi in questo ambiente) allora questi soggetti sono considerati come appartenenti alla stessa specie. Il concetto di specie biologica equivale al concetto di esemplari
illimitatamente fecondi. L'evidenza dei loro incroci potrebbe essere di tipo ecologico, ad esempio, osservando gli animali che trasferiscono le masse polliniche tra orchidee o potrebbe essere di tipo genetico, ad esempio, usando marcatori genetici in grado di dirci quali sono le relazioni tra gli individui e determinare se, e quanto spesso, quegli individui si sono scambiati dei geni (un processo chiamato flusso genico). In un mondo ideale, l'assenza di flusso genico sarebbe sufficiente da solo, a circoscrivere una specie "buona" di orchidee, così come aiuta a distinguere gli esseri umani dagli scimpanzé e i gorilla. In genere questo criterio è quello più confutato, soprattutto nelle orchidee dove l'ibridazione è all'ordine del giorno, ma in genere gli ibridi sono morfologicamente differenti dalle specie parentali.
3) Il terzo criterio e più recentemente messo a punto, forse il più difficile da spiegare, è chiamato
monofilia. Un gruppo monofiletico può essere definito (un po' semplicisticamente), come quel gruppo che comprende tutti i discendenti di un unico antenato presunto. I rapporti tra gli organismi analizzati vengono ricavati con la costruzione di alberi evolutivi, utilizzando le informazioni morfologiche e genetiche, e ricavando da esso quali sono i taxa monofiletici. Questo approccio ha l'enorme vantaggio di assicurarci che il gruppo che viene circoscritto è "naturale" nel senso che è auto-definito ed è il prodotto, esclusivamente, del cambiamento evolutivo. Tuttavia, rimane un equivoco fondamentale, su quale sia l'unità fondamentale di confronto tra antenati e discendenti: il gene, l'organismo individuale, le popolazioni locali, le meta-popolazioni o le specie? In pratica, il principio della monofilia è giustamente diventato fondamentale per riorganizzare tutte le specie, al fine di circoscriverle solo in generi "buoni" o monofiletici, (vedi i vari cambiamenti di genere tra Orchis, Neotinea ed Anacamptis), ma è molto meno chiaro se la monofilia sia anche utile ad un livello inferiore, per aggregare individui e/o popolazioni in specie naturali e "buone". Il problema principale è che si basa su eventi ripetuti che separano e quindi isolano le popolazioni, ma è un metodo che non riesce a discriminare facilmente casi in cui le popolazioni figlie si ricombinano tra loro, per formare a loro volta una singola popolazione di origini ibridogena, un processo che si verifica comunemente nel mondo reale, in modo particolare tra le orchidee.
Finito l'approfondimento di biologia, in realtà libera traduzione dall'inglese, di un articolo scritto da chi ne sa certamente più di me, e che sul concetto di specie e genere ci lavora quasi ogni giorno, riprendo l'ultimo intervento di Massimo perchè mi sta particolarmente a cuore:
Come funziona il reefering, o meglio il peer review, delle riviste scientifiche e cos'è l'Impact factor? L'
Impact factor, dato che è un concetto che non tutti sono tenuti a conoscere, è praticamente il grado di "importanza" di una certa rivista. Un indice, di proprietà di Thomson Reuters, che misura il numero medio di citazioni ricevute in un particolare anno da articoli pubblicati in una rivista scientifica nei due anni precedenti. Solo le riviste sottoposte a reefering possono richiedere di essere valutate per l'impact factor. Il
peer review (tradotto come: valutazione tra pari, revisione dei pari, o revisione paritaria) è in genere un processo a cui vengono sottoposti tutti gli articoli scientifici provenienti in genere da ambito accademico, prima di essere pubblicati. Indica la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca proposti da membri della comunità scientifica, effettuata attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l'idoneità alla pubblicazione scientifica su riviste specializzate. Il prestigio della rivista (es. Science, piuttosto che altre di ambito medico, sanitario, biologico) sta proprio nel pubblicare articoli i cui contenuti siano stati verificati e siano risultati meritevoli di pubblicazione. La rivista si riserva di non pubblicare l'articolo se non viene superato il giudizio dei referee (ovvero i valutatori). Chi sono i referee? In genere sono gruppi di lavoro o singoli ricercatori che si occupano di progetti di ricerca analoghi, esperti di quel certo argomento e materia al pari livello degli autori, e che hanno un numero analogo di pubblicazioni in genere nello stesso campo di interesse. I referee possono richiedere l'approfondimento di certe analisi, la loro ripetizione, l'aggiunta di chiarimenti quando necessario, ecc... Solo quando si ha l'approvazione dei referee l'articolo può essere stampato.
Ora concludo per davvero, riservandomi di tornare su questi ultimi argomenti se qualcuno sarà interessato ad approfondire, aggiungendo solo un'ultima osservazione, dedicata Rolando e Leonardo, per rilanciare la discussione......
Mi dispiace deludervi, ma più o meno, c'è chi ci ha già pensato!
FORBIX ha scritto:
vespertilio ha scritto:
.....Ophrys fuciflora (F.W.Schmidt) Moench subsp. gresivaudanica O. Gerbaud. (anche se ancora nessuno l'ha messa, per ora, in questo status)!!
....ed allora cosa aspettate!!

....effettivamente si sente davvero la mancanza di un nuovo sinonimo!!
Ophrys holoserica subsp.
gresivaudanica (O.Gerbaud) Kreutz, Kompend. Eur. Orchid.: 100 (2004).
Un caro saluto a tutti!
PS: Vedo che mentre scrivevo questa lunga risposta ci sono stati altri interventi, ma penso di essere ancora in tema!