G.I.R.O.S. - Gruppo Italiano per la Ricerca sulle Orchidee Spontanee

Solo il fiore che lasci sulla pianta è tuo. (Aldo Capitini)
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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 23 giugno 2012, 17:16 
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Caro Leonardo (non mi piace usare i nickname e spero di aver intuito bene che dietro a Forbix vi sia Leonardo) nessuna falsa modestia: di Ophrys ho davvero pochissima esperienza e quindi cerco spudoratamente di sfruttare il sapere altrui per capirne qualcosa di più. Del resto comprendo bene che affidare giudizi a delle foto, soprattutto in campi di variabilità così elevati, possa essere considerato un esercizio da evitare.
Rispondo a qualche tuo quesito, perché mi sembrano toccare dei punti vivi e di deciso interesse.
Non condivido il tuo entusiasmo per Bateman e la sua Scuola per ragioni di simpatia, di logica e di appartenenza. Ho letto tempo fa uno scritto di questo professore inglese in risposta a non ricordo quale altro Autore, in cui si usava un tono di protervia che non accetto in nessun campo e meno che mai in quello scientifico, in cui il dubbio è ricchezza e la certezza della verità un male esiziale.
La nomenclatura botanica si è sviluppata in ambito morfologico per oltre duecento anni, raggiungendo perfettamente gli scopi che la cosa si era prefissa. La genetica poteva essere un nuovo prezioso strumento per inquadrare meglio alcune situazioni, ma a me pare che si sia trasformata in un potente strumento di pochi per soffocare altre forme di esperienza. Mi chiedo, anche ammettendo, e non lo ammetto, che la genetica botanica fornisca oggi certezze assolute, è giusto che nella nomenclatura prevalga sempre il genetico e non il fenotipico? Lo abbiamo detto, la nomenclatura in sé non è ricerca di verità assoluta, ma solo strumento per uniformare l’identificazione delle specie viventi. E sinceramente in questo strumento che accomuna tutti gli uomini, mi sembra più logico una prevalenza fenotipica (valutazione morfologica) rispetto ad una genetica, che può essere valutata e contraddetta da pochissimi e può contrastare singolarmente con gli aspetti sensibili di chi poi si trova ad usare quotidianamente questo strumento pratico di identificazione. Per capirci Epipactis helleborine vanta quattro o cinque numeri cromosomici diversi, cioè due piante che a noi appaiono (fenotipo) uguali possono vantare un patrimonio genetico differente. Chiaramente una situazione molto diversa da noi mammiferi, dove un solo cromosoma scombinato crea cataclismi. Siamo sicuri in questo caso che valga la pena cercare ragioni nomenclaturali nei cromosomi e non in ciò che vede il nostro occhio?
Orchis morio, papilionacea, etc forse erano Orchis con caratteri un po’ particolari, ma voi ci credete veramente che siano intime di Anacamptis pyramidalis? La morfologia nega questo aspetto ed io sono convinto che Bateman e Soci abbiano fornito una interpretazione errata di quanto osservato nei loro studi genetici. Ma non posso dimostrarlo nel loro segmento di scienza, il loro diventa un Olimpo accessibile a pochi e senza possibilità di ragionevole contraddittorio. Comunque ritengo che noi, che siamo i cultori della metodologia morfologica, abbiamo commesso un errore fantozziano quando siamo corsi ad abbracciare ed avallare acriticamente tutte le buone novelle nomenclaturali scaturite dalla genetica.
Ti dico anche perché non ricorriamo a riviste “autorevoli” quando si tratta di pubblicare lavori. Innanzitutto personalmente considero autorevoli le riviste di AHO tedesche su cui pubblichiamo perché, a livello di Epipactis, contengono una bella fetta dei migliori esperti europei del settore. Comunque ci capiamo, vi sono altre riviste che di Epipactis magari sanno pochino, ma se non hai un nome accademico di prestigio in genere ti parcheggiano il lavoro per due o tre anni, o magari non te lo pubblicano affatto: e non per ragioni sostanziali, visto che onestamente su questi argomenti hanno scarsi elementi di giudizio. Da Bateman poi non ci rivolgiamo per amore delle Orchidee: di solito specie nuove di Epipactis sono endemismi, che raramente superano le cento piante. Una richiesta di materiale per ricerche genetiche annullerebbe queste stazioni (già successo e per cose molto più abbondanti delle nostre povere Epipactis). Inoltre, a livello genetico, abbiamo collaborato molti anni con il prof. Cozzolino, persona squisita e per niente arrogante, ma onestamente, con le Epipactis il cammino per avere risposte genetiche sicure è ancora molto lungo.
Credimi, nel nostro campo di studi, abbiamo un profondo rispetto per tutti, ma non ci sentiamo intimiditi da nessuno, perché cerchiamo sempre di avere le idee molto chiare, prima di avanzare ipotesi. Poi gli errori si possono fare, ma l’importante è non essere mai a corto di buone argomentazioni e che possano essere intese anche da chi non sia addetto ai lavori. Ciao Riccardo
PS: leggo adesso l'intervento di Max e condivido perfettamente le sue osservazioni. Stiamo molto attenti agli "esperti" a tavolino. Detesto gli atti di superbia e li ritengo una cafoneria. Però, amici, desidero ricordarvi che se alcuni affogano nell'arroganza , a volte è possibile anche decedere per troppa modestia. Nel lavoro che tutti noi svolgiamo con passione sul campo vi è un patrimonio di conoscenza e di esperienza prezioso e insostituibile. Ascoltiamo tutti ed apprezziamo e fruiamo di forme di cultura più accademiche, però non dimentichiamo che per certe determinazioni occorre aver visto e visto tanto e con occhio critico. In questo specifico settore l'esperienza nasce dal nostro tipo di attività e non da quello che si sviluppa nelle biblioteche o dietro un microscopio elettronico


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 23 giugno 2012, 17:25 
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Di ritorno dall'incontro tenutosi questa mattina a Carmagnola (TO) sul Progetto Atlante Orchidee Piemontesi, dopo essere tornato a casa, essermi ripreso dalla calura del mezzogiorno di fuoco che arroventava la Torino-Piacenza, e rinfocillato, apro il forum e con piacere vedo una lunga serie di risposte a questa discussione, che a quanto pare, grazie ad alcuni interventi iniziali un po' pungenti e direi volutamente provocatori, ha finalmente dato uno scrollone al forum, portandoci a confrontarci e a far esprimere ad ognuno le proprie opinioni. Come dicevo questa mattina proprio con Luciano Bongiorni e Mauro Ottonello, il forum credo debba proprio servire a questo, ad annullare le distanze geografiche che ci separano e a permetterci di confrontarci, perchè solo dalle osservazioni e dal confronto reciproco, possiamo crescere e imparare tutti qualcosa!


Per entrare anch'io nel vivo della discussione, a proposito di lumpers e splitters, nonostante sia palese che anch'io sono spesso e volentieri a favore della prima scuola di pensiero, riconosco come affermato giustamente da Luciano B. e Riccardo, che ogni caso debba essere valutato come caso a sè. Non è mai tutto o bianco o nero, nel senso che chiaramente non avrebbe senso schierarsi per partito preso con uno dei due gruppi, a prescindere, ma occorre valutare, genere per genere, specie per specie, se sia il caso di aggregare o di dividere. Anche perché, dobbiamo ricordarci che, se da una parte negli ultimi anni c'è stato un prolificare eccessivo di nuove specie, quanto meno dubbie dal punto di vista tassonomico (o per lo meno, non accettate dagli anglosassoni per farla breve ed intenderci), altre volte però in contrapposizione alla variabilità, e in direzione esattamente opposta, interviene anche la convergenza evolutiva! :shock: .... avremo modo di parlarne;

Ma veniamo al concetto di specie e di sottospecie, e rispondo in parte anche a Riccardo, che chiedeva perché la Op. gresivaudanica non dovrebbe essere una "specie" valida. In questo caso non posso che essere perfettamente d'accordo con quanto scritto da Leonardo, in quanto, come ha perfettamente schematizzato con una serie di domande, occorrono caratteri ben definibili e condizioni particolari per poter parlare di una entità come di "specie" buona. Abusare di questo concetto, scrivendo anche solo per comodità, il nome di una entità direttamente come specie e non usare il termine "subsp." solo per fare prima, quando questo status è stato riconosciuto ed accettato, ritengo sia un errore grave. Mi riferisco ad esempio, per dirne una, a Ophrys funerea invece di Ophrys fusca subsp. funerea, oppure Ophrys tetraloniae invece di Ophrys fuciflora subsp. tetraloniae. Sono piccole accortezze, ma che denotano una attenzione e conoscenza verso il concetto di specie, rango che deve essere supportato da prove forti. Tali criteri sono stati più e più volte affrontati e rivisti da decine e decine di naturalisti, biologici, scienziati e ricercatori nel corso degli ultimi due secoli, ma per le orchidee possono essere ridotti a tre criteri essenziali, che devono coesistere contemporaneamente per definire una specie come "buona". Vediamoli insieme:

1) In primis, la morfologia, il parametro più tradizionale, concetto molto semplice e al tempo stesso nebuloso, che riporta alla somiglianza morfologica che deve esserci tra due esemplari appartenti alla stessa specie. Questo concetto ha sostenuto la tassonomia delle orchidee per gli ultimi tre secoli, e continua a farlo. Fondamentalmente, ci aspettiamo che ogni individuo all'interno di una stessa specie debba possedere uno o più caratteri (o combinazioni di caratteri) affidabili, che lo separano da individui di tutte le altre specie. Detti caratteri si dice siano diagnostici e fissi. Naturalmente, ma purtroppo non sempre è così, occorre analizzare molti caratteri e preferibilmente un sacco di singole piante da molte stazioni distinte, prima di poter essere sicuri che abbiamo identificato dei caratteri affidabili e di carattere diagnostico per definire una specie come buona. Non bastano poche popolazioni e una serie di caratteri non sempre affidabili o incostanti, o anzi, che addirittura possono essere variabili da una stazione all'altra. No, devono essere decine di caratteri costanti, in decine e decine di stazioni diverse. Non caratteri che variano "più o meno" da una stazione all'altra. Se è presente tale variabilità dei caratteri, che dovrebbero validarmi una "nuova specie", come "buona", allora forse è il caso di prendere in considerazione che i caratteri che sto considerando rientrino tutti nella variabilità di un'unica specie di rango superiore, che include tutte le varietà e sottospecie sottostanti.

2) Il secondo criterio, che è stato introdotto da Darwin, ma è stato accettato solo dalla metà del 20° secolo, è l'isolamento riproduttivo. L'origine di quello che divenne ben presto noto, come il concetto di specie biologica, ovvero il principio che cerca di comprendere il processo evolutivo che con maggiore probabilità ha dato origine alla specie che ne deriva. Popolazioni di genetisti e biologi della riproduzione hanno ripreso i concetti di selezione naturale e di competizione per le risorse di Darwin e Wallace e li hanno applicati all'interno di popolazioni composte da un insieme di individui che sono in media più adatti al loro ambiente circostante e li hanno riformulati in termini di interazioni ecologiche all'interno delle popolazioni. Se i soggetti erano in grado di incrociarsi all'interno di popolazioni naturali, senza incorrere in gravi danni per la loro sopravvivenza (es. la loro capacità di sopravvivere e riprodursi in questo ambiente) allora questi soggetti sono considerati come appartenenti alla stessa specie. Il concetto di specie biologica equivale al concetto di esemplari illimitatamente fecondi. L'evidenza dei loro incroci potrebbe essere di tipo ecologico, ad esempio, osservando gli animali che trasferiscono le masse polliniche tra orchidee o potrebbe essere di tipo genetico, ad esempio, usando marcatori genetici in grado di dirci quali sono le relazioni tra gli individui e determinare se, e quanto spesso, quegli individui si sono scambiati dei geni (un processo chiamato flusso genico). In un mondo ideale, l'assenza di flusso genico sarebbe sufficiente da solo, a circoscrivere una specie "buona" di orchidee, così come aiuta a distinguere gli esseri umani dagli scimpanzé e i gorilla. In genere questo criterio è quello più confutato, soprattutto nelle orchidee dove l'ibridazione è all'ordine del giorno, ma in genere gli ibridi sono morfologicamente differenti dalle specie parentali.

3) Il terzo criterio e più recentemente messo a punto, forse il più difficile da spiegare, è chiamato monofilia. Un gruppo monofiletico può essere definito (un po' semplicisticamente), come quel gruppo che comprende tutti i discendenti di un unico antenato presunto. I rapporti tra gli organismi analizzati vengono ricavati con la costruzione di alberi evolutivi, utilizzando le informazioni morfologiche e genetiche, e ricavando da esso quali sono i taxa monofiletici. Questo approccio ha l'enorme vantaggio di assicurarci che il gruppo che viene circoscritto è "naturale" nel senso che è auto-definito ed è il prodotto, esclusivamente, del cambiamento evolutivo. Tuttavia, rimane un equivoco fondamentale, su quale sia l'unità fondamentale di confronto tra antenati e discendenti: il gene, l'organismo individuale, le popolazioni locali, le meta-popolazioni o le specie? In pratica, il principio della monofilia è giustamente diventato fondamentale per riorganizzare tutte le specie, al fine di circoscriverle solo in generi "buoni" o monofiletici, (vedi i vari cambiamenti di genere tra Orchis, Neotinea ed Anacamptis), ma è molto meno chiaro se la monofilia sia anche utile ad un livello inferiore, per aggregare individui e/o popolazioni in specie naturali e "buone". Il problema principale è che si basa su eventi ripetuti che separano e quindi isolano le popolazioni, ma è un metodo che non riesce a discriminare facilmente casi in cui le popolazioni figlie si ricombinano tra loro, per formare a loro volta una singola popolazione di origini ibridogena, un processo che si verifica comunemente nel mondo reale, in modo particolare tra le orchidee.


Finito l'approfondimento di biologia, in realtà libera traduzione dall'inglese, di un articolo scritto da chi ne sa certamente più di me, e che sul concetto di specie e genere ci lavora quasi ogni giorno, riprendo l'ultimo intervento di Massimo perchè mi sta particolarmente a cuore:

Come funziona il reefering, o meglio il peer review, delle riviste scientifiche e cos'è l'Impact factor? L'Impact factor, dato che è un concetto che non tutti sono tenuti a conoscere, è praticamente il grado di "importanza" di una certa rivista. Un indice, di proprietà di Thomson Reuters, che misura il numero medio di citazioni ricevute in un particolare anno da articoli pubblicati in una rivista scientifica nei due anni precedenti. Solo le riviste sottoposte a reefering possono richiedere di essere valutate per l'impact factor. Il peer review (tradotto come: valutazione tra pari, revisione dei pari, o revisione paritaria) è in genere un processo a cui vengono sottoposti tutti gli articoli scientifici provenienti in genere da ambito accademico, prima di essere pubblicati. Indica la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca proposti da membri della comunità scientifica, effettuata attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l'idoneità alla pubblicazione scientifica su riviste specializzate. Il prestigio della rivista (es. Science, piuttosto che altre di ambito medico, sanitario, biologico) sta proprio nel pubblicare articoli i cui contenuti siano stati verificati e siano risultati meritevoli di pubblicazione. La rivista si riserva di non pubblicare l'articolo se non viene superato il giudizio dei referee (ovvero i valutatori). Chi sono i referee? In genere sono gruppi di lavoro o singoli ricercatori che si occupano di progetti di ricerca analoghi, esperti di quel certo argomento e materia al pari livello degli autori, e che hanno un numero analogo di pubblicazioni in genere nello stesso campo di interesse. I referee possono richiedere l'approfondimento di certe analisi, la loro ripetizione, l'aggiunta di chiarimenti quando necessario, ecc... Solo quando si ha l'approvazione dei referee l'articolo può essere stampato.

Ora concludo per davvero, riservandomi di tornare su questi ultimi argomenti se qualcuno sarà interessato ad approfondire, aggiungendo solo un'ultima osservazione, dedicata Rolando e Leonardo, per rilanciare la discussione...... Mi dispiace deludervi, ma più o meno, c'è chi ci ha già pensato! :D ;)

FORBIX ha scritto:
vespertilio ha scritto:
.....Ophrys fuciflora (F.W.Schmidt) Moench subsp. gresivaudanica O. Gerbaud. (anche se ancora nessuno l'ha messa, per ora, in questo status)!!


....ed allora cosa aspettate!! :D ....effettivamente si sente davvero la mancanza di un nuovo sinonimo!! ;)


Ophrys holoserica subsp. gresivaudanica (O.Gerbaud) Kreutz, Kompend. Eur. Orchid.: 100 (2004).


Un caro saluto a tutti!



PS: Vedo che mentre scrivevo questa lunga risposta ci sono stati altri interventi, ma penso di essere ancora in tema!

_________________
:ciaoo:
Luca

«Nomina si nescis, perit et cognito rerum» - Se si ignora il nome delle cose, se ne perde anche la conoscenza. C. Linnaeus, Philosophia botanica (1751)

«I was much struck how entirely vague and arbitrary is the distinction between species and varieties. Charles Darwin, On the Origin of Species (1859)

«This disagreement regarding bee orchid diversity represents a particularly extreme example of a phenomenon that frequently afflicts taxonomy - a dichotomy between researchers who divide natural variation into as many units as possible (splitters) and others who aggregate those subtly different units into entities that they consider to be either more easily recognised or more biologically meaningful (lumpers)» - R.M. Bateman

«Un fiore, anche il più insignificante, è la mirabile risultanza di un collaudato progetto genomico, di precisi equilibri ecologici, dell'azione congiunta del sole, del terreno, della pioggia e della rugiada, del vento e degli insetti impollinatori. Quale unica specie consapevole della complessità di questi processi e della preziosità del risultante dono, è nostro dovere promuoverne la conoscenza e prodigarci per la sua protezione» - G. Sciarretta


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Nomenclatura GIROS - Biodiversity Heritage Library - IPNI, International Plant Names Index - Kew Gardens Checklist



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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 23 giugno 2012, 17:44 
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Orchidofilo Junior

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ricki51 ha scritto:
Caro Leonardo ...................


Splendida risposta che condivido quasi al 100%.
...e ti spiego perchè!
Io non dico che Bateman sia il profeta delle Orchidee...ci mancherebbe! E neanche che la genetica risolverà tutte le problematiche legate alla tassonomia.
Anzi, al contrario, io sono convintissimo che chi conosce meglio le orchidee è colui che anno dopo anno va nei prati, sulle colline, nei torrenti, nei boschi ed osserva.
Sono anche convinto che il "metodo morfologico" sia estremamente valido ed attuabile ancora per decenni.
Condivido anche il fatto che nessuno meglio di chi osserva le orchidee "sul campo" possa apprezzarne le differenze, più o meno evidenti che siano.
Ma non sono d'accordo, quando queste osservazioni, queste valutazioni, e tutto questo splendido lavoro venga continuamente trasformato in specie e sottospecie.
Non credo assolutamente nella validità di almeno il 70% dei nuovi taxa descritti negli ultimi anni.
Secondo me quello della valutazione morfologica e quindi del fenotipo è, lo ripeto, validissimo ed ancora attuale ed attuabile, ma non sopporto l'uso esagerato e sconsiderato di tale metodo. Serve qualcuno che controlli e valuti quanto viene descritto. Altrimenti, come ho già detto in precedenza, sarà una corsa a chi ne descrive di più e più strane....ed il caos sarà totale!!
Ti chiedo scusa Riccardo se magari hai frainteso qualche mia parola, ma io non mi riferisco personalmente a te, ne tantomeno a nessun altro.....ma a tutti quelli che secondo me, stanno esagerando.
Prima di lasciarvi, altrimenti mi si secca la colla e non posso più preparare i miei coleotteri, voglio ribadire un concetto che non molto tempo fa avevo espresso, ma che non aveva ricevuto ahimè risposte.
Poniamo che tutti i taxa recentemente descritti in Italia ed in Europa (da Delforge in poi) siano validi.
Solo quest'anno, in Italia ne sono state descritte 6...7 boh!.....il prossimo anno ne verranno descritte altre....e l'anno a venire altre ancora.....
Allora, usando semplicemente la logica, senza andare a scomodare la matematica, questa tendenza mi sembra chiaramente asintotica....ovvero tendente all'infinito.
Quindi se diamo tutto per buono e per valido allora possiamo affermare con buona certezza che le specie di orchidee in Europa sono "infinite".
La logica a questo punto mi dice che c'è qualcosa che non va e che serve ridimensionare e "frenare", dicendo senza alcuna presunzione che: non possono esistere infinite specie di orchidee in Italia......ergo......non possono essere validi tutti i taxa descritti.
So che è un postulato stupido ed "astratto", ma volevo solo rendere l'idea.
Un bacio a tutti dalla afosa Elba!!! :D :D


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 23 giugno 2012, 17:54 
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Orchidofilo Junior

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Leggo solo ora la rispota di Luca......non c'è niente da fare.....E' FORTE!!!!!

Ophrys holoserica subsp. gresivaudanica (O.Gerbaud) Kreutz, Kompend. Eur. Orchid.: 100 (2004).
Porco cane!!!! Quasi un occasione persa!!
Ma do un consiglio a chi avesse la fantasia di farlo!
Uno degli ibridi che a mio avviso potrebbe molto presto passare al rango di specie potrebbe essere Anacamptis × gennarii!!!
......non fatevelo scappare!!!


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 23 giugno 2012, 18:48 
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Orchidofilo Junior

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Forse saranno specie nuove forse no.
Ma una cosa è certa: ultimamente c'è la tendenza a creare continuamente specie nuove.
Non è che un giorno si arriverà ad evere una specie per ogni comune italiano?
La specie come si sa non è immutabile e all'interno di essa troviamo tutta una variabilità individuale anche molto accentuata.
Quando vediamo un cane, che sia un bassotto o un mastino napoleteno, a nessuno verrebbe mai in mente di considerarle specie diverse solo perchè morfologicamente sono agli antipodi.
Quindi, fidarsi solo della morfologia, potrebbe essere un fattore alquanto deviante.
Spesso per noi amatori, è più appagante, ritornare da una escursione, èd essere convinti di aver visto ad esempio venti specie che non cinque.
La mia è soltanto una provocazione, ma è arrivato il momento di fermari un attimo,sedersi, guardarsi intorno, riflettere, e di andare a vedere come stanno veramente le cose.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 23 giugno 2012, 23:00 
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E' no !! io proponevo O. gresivaudanica in sottospecie di fuciflora non di holoserica o holosericea (che è una apifera e mi sembra ben diversa !!)
Per smorzare i toni eh !! o per farvi inferforare ancor di più !!!
Avete visto cosa ci vuole a scatenare una discussione costruttiva !!? Mi dispiace non poter partecipare ad una così animata discussione.... il cuore non mi reggerebbe !! Ciao !! R.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 24 giugno 2012, 11:01 
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ricki51 ha scritto:
La nomenclatura botanica si è sviluppata in ambito morfologico per oltre duecento anni, raggiungendo perfettamente gli scopi che la cosa si era prefissa. La genetica poteva essere un nuovo prezioso strumento per inquadrare meglio alcune situazioni, ma a me pare che si sia trasformata in un potente strumento di pochi per soffocare altre forme di esperienza. Mi chiedo, anche ammettendo, e non lo ammetto, che la genetica botanica fornisca oggi certezze assolute, è giusto che nella nomenclatura prevalga sempre il genetico e non il fenotipico? Lo abbiamo detto, la nomenclatura in sé non è ricerca di verità assoluta, ma solo strumento per uniformare l’identificazione delle specie viventi. E sinceramente in questo strumento che accomuna tutti gli uomini, mi sembra più logico una prevalenza fenotipica (valutazione morfologica) rispetto ad una genetica, che può essere valutata e contraddetta da pochissimi e può contrastare singolarmente con gli aspetti sensibili di chi poi si trova ad usare quotidianamente questo strumento pratico di identificazione. Per capirci Epipactis helleborine vanta quattro o cinque numeri cromosomici diversi, cioè due piante che a noi appaiono (fenotipo) uguali possono vantare un patrimonio genetico differente. Chiaramente una situazione molto diversa da noi mammiferi, dove un solo cromosoma scombinato crea cataclismi. Siamo sicuri in questo caso che valga la pena cercare ragioni nomenclaturali nei cromosomi e non in ciò che vede il nostro occhio?
Orchis morio, papilionacea, etc forse erano Orchis con caratteri un po’ particolari, ma voi ci credete veramente che siano intime di Anacamptis pyramidalis? La morfologia nega questo aspetto ed io sono convinto che Bateman e Soci abbiano fornito una interpretazione errata di quanto osservato nei loro studi genetici. Ma non posso dimostrarlo nel loro segmento di scienza, il loro diventa un Olimpo accessibile a pochi e senza possibilità di ragionevole contraddittorio. Comunque ritengo che noi, che siamo i cultori della metodologia morfologica, abbiamo commesso un errore fantozziano quando siamo corsi ad abbracciare ed avallare acriticamente tutte le buone novelle nomenclaturali scaturite dalla genetica.


Provo a riprendere un po' delle osservazioni sopra esposte, perché le sento molto vicine e ci sono molto affezionato per il mio tipo di formazione...

la nomenclatura in sé non è ricerca di verità assoluta, ma solo strumento per uniformare l’identificazione delle specie viventi.

E' vero, la nomenclatura [dal latino nomen (nome) e calare (chiamare)] altro non è che un sistema di denominazione di oggetti, procedure o principi in una data categoria. In particolare in campo biologico, Linneo istituì per primo il sistema di nomenclatura binomiale per dare un nome agli animali e alle piante.

Nel nostro campo, il problema infatti non è rappresentato dalla nomenclatura (il nomen in sè), ma dalla sistematica, la scienza che classifica gli esseri viventi e la tassonomia [dal greco ταξις, taxis, "ordinamento", e νομος, nomos, "norma" o "regola"], ovvero i criteri con cui si ordinano gli organismi in un sistema di classificazione composto da una gerarchia di taxa.

Ma a complicare ulteriormente le cose ci si è messa anche la cladistica, o tassonomia cladistica, (dal greco κλάδος kládos = ramo), che è un metodo di classificazione dei viventi, messo a punto da Willi Hennig (1913-1976), che si basa sul grado di parentela, ovvero sulla distanza nel tempo dell'ultimo progenitore comune, nota anche come sistematica filogenetica.

Qui nasce il problema, perché una volta ordinati e raggruppati gli organismi per gruppi parentali, diventa insensato continuare a chiamarli con il precedente nome, se si è compreso che essi sono, nell'essenza, qualcos'altro. E purtroppo, questa essenza intima, è racchiusa nel DNA, che può essere per ora, solo analizzato e studiato con macchinari particolari, in laboratorio, e con una certa preparazione. Questo ahimè, è vero, per ora rende tali analisi di elité, nelle mani di pochi. Ma sono convinto che nei prossimi decenni vedremo evolversi anche questo tipi di studi, che spero un giorno potranno diventare maggiormente accessibili a tutti, magari con sequenziatori automatizzati e portatili! Per ora una utopia!

Orchis morio, papilionacea, etc forse erano Orchis con caratteri un po’ particolari, ma voi ci credete veramente che siano intime di Anacamptis pyramidalis? La morfologia nega questo aspetto

Io non solo credo che morio e papilionacea siano intime di A. pyramidalis, ma con una buona percentuale di probabilità, direi di esserne sufficientemente certo, in quanto queste specie, incluse le altre Orchis passate ad Anacamptis o a Neotinea, hanno un corredo genetico molto più affine a questi altri generi, nel senso che sebbene oggi possano apparire tra loro differenti, tutte le Anacamptis e le Neotinea sensu Bateman et al., derivano rispettivamente da uno stesso antenato comune. Uno che ha dato origine al genere Anacamptis e uno che ha dato origine al genere Neotinea. Perché poi oggi appaiano tanto differenti le specie appartenenti a questi generi, da poter pensare che siano Orchis con caratteri un po' particolari, è da ricercare in mutazioni, deriva genetica, selezioni, fenomeni di speciazione, che le hanno portate ad essere quello che oggi vediamo.


Per capirci Epipactis helleborine vanta quattro o cinque numeri cromosomici diversi, cioè due piante che a noi appaiono (fenotipo) uguali possono vantare un patrimonio genetico differente. Chiaramente una situazione molto diversa da noi mammiferi, dove un solo cromosoma scombinato crea cataclismi. Siamo sicuri in questo caso che valga la pena cercare ragioni nomenclaturali nei cromosomi e non in ciò che vede il nostro occhio?

Nulla di più vero! Molte sono le piante che naturalmente o sperimentalmente per mano dell'uomo, presentano corredi poliploidi, ovvero con un numero di cromosomi doppi, tripli, ecc. al numero normale. Nelle piante (non solo nelle orchidee) questo fenomeno è piuttosto comune. Parecchie piante grasse, così come quelle ornamentali, quelle da seme, molti alberi da frutto, e buona parte delle piante ad uso alimentare e/o commerciale sono poliploidi: giacinti, tulipani, narcisi, la patata, le banane, il frumento, il tabacco, le fragole, le more, i lamponi ecc. Avere un corredo poliploide, ovvero avere un numero doppio, triplo,... di cromosomi e dunque di geni, porta in genere, le piante ad avere una maggiore resistenza alle condizioni ambientali, nonché ad essere riconoscibili, perché presentano organi e cellule più grandi, nonostante in certi casi possano essere rallentate la crescita e la formazione di fiori e frutti. Organismi poliploidi possono comparire spontaneamente oppure essere generati alterando sperimentalmente l'apparato del fuso mitotico durante la divisione cellulare. Avere un corredo poliploide non vuol dire avere mutazioni, è ben diverso da avere un cromosoma scombinato. Mutazioni puntiformi anche di un solo nucleotide in un singolo gene, di un solo cromosoma, possono causare patologie anche molto gravi e talvolta mortali, per contro è bene sapere che tutti quanti noi, nel nostro organismo, in condizioni normali, abbiamo popolazioni di cellule poliploidi in certi distretti: cellule del miocardio, nei megacardiociti del midollo osseo, negli epatociti! e per fortuna nostra che le abbiamo! Senza non potremmo sopravvivere! Tutto questo per dire che la poliplodia nelle piante può essere visto come un errore nella divisione cellulare, ma non comporta certo il riconoscimento di specie differenti.


Per il fascino che questi studi generano non posso quindi che essere certo che valga la pena cercare di comprendere tutti i processi legati ai cromosomi, all'espressione genica, e alla trasduzione, e perché no, provare a cercare ragioni nomenclaturali nei cromosomi, anche perché sono convinto che il nostro occhio troppo spesso e facilmente può essere tratto in inganno! :D


Provate a contare i punti neri di questa immagine..

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oppure...

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e infine questo elefante... secondo voi quante zampe ha??

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Spero di non essermi espresso in modo troppo contorto. Vorrei anche ringraziare tutti per questa bella ed interessante discussione!

_________________
:ciaoo:
Luca

«Nomina si nescis, perit et cognito rerum» - Se si ignora il nome delle cose, se ne perde anche la conoscenza. C. Linnaeus, Philosophia botanica (1751)

«I was much struck how entirely vague and arbitrary is the distinction between species and varieties. Charles Darwin, On the Origin of Species (1859)

«This disagreement regarding bee orchid diversity represents a particularly extreme example of a phenomenon that frequently afflicts taxonomy - a dichotomy between researchers who divide natural variation into as many units as possible (splitters) and others who aggregate those subtly different units into entities that they consider to be either more easily recognised or more biologically meaningful (lumpers)» - R.M. Bateman

«Un fiore, anche il più insignificante, è la mirabile risultanza di un collaudato progetto genomico, di precisi equilibri ecologici, dell'azione congiunta del sole, del terreno, della pioggia e della rugiada, del vento e degli insetti impollinatori. Quale unica specie consapevole della complessità di questi processi e della preziosità del risultante dono, è nostro dovere promuoverne la conoscenza e prodigarci per la sua protezione» - G. Sciarretta


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 24 giugno 2012, 17:47 
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Innanzitutto desidero ringraziare Luca, perché le sue sintesi su temi complessi e specialistici ci permettono di inquadrare efficacemente argomenti che altrimenti comporterebbero ben altro sforzo da parte nostra per essere compresi. Ritengo sinceramente una fortuna averlo tra le nostre fila, altrimenti il dibattito risulterebbe monco in un ambito che, ci piaccia o no, impregnerà sempre più la cultura dell’uomo del futuro.
Ma veniamo a noi, sottolineando però che pormi in contraddittorio non significa affatto negare valore alle tesi altrui o ritenerle errate, semplicemente si offrono angolazioni diverse di visuale, per vedere se la comprensione della realtà possa essere migliorata o comunque approfondita.
I giochi ottici sono una mia passione, quindi ho molto apprezzato quelli che hai proposto.
Però vorrei ricordarti che in genere non è l’occhio a sbagliare la visione, ma il cervello a fornire una interpretazione fuorviante di quanto la “macchina” occhio gli sottopone in esame.
Ecco, non potrebbe essere altrettanto ipotizzabile che anche il cervello di un ricercatore genetico possa intervenire con suoi schemi logici a fornire una interpretazione che non sia necessariamente tale nei grezzi dati forniti dalla macchina? Da un esame genetico non esce certo il cartellino Anacamptis o Orchis, ma sequenze che indirizzeranno verso l’uno o l’altro: siamo sicuri che nessuno abbia forzato, anche perché non avrebbe davvero rappresentato una grossa novità che la morio fosse un’Orchis. Se io avessi mezzi e conoscenza correrei a rifare questi esami trovando le conclusioni spudoratamente contraddittorie con l’aspetto morfologico. Poi magari arriverei alle medesime conclusioni di Bateman e allora, ma solo allora, metterei il cuore in pace.
Tornando agli occhi che ingannano, che i nostri sensi possano essere incompatibili a cogliere l’essenza della realtà è considerazione antica, basti andare al mito della caverna in Platone e al conseguente idealismo. Però non mi sembra questa la base della Scienza! Vedi io sono di cultura radicatamene laica e non vorrei che in botanica, appellandosi alla genetica, qualcuno pensasse di reintrodurre dogmi e atti di fede.
Naturalmente la sto abbondantemente tirando al paradosso, ma sai quella di avere la verità inconfutabile tra le mani è vizio antico dell’uomo.
In fondo il nostro fine di orchidofili è piccolo, piccolo: esplorare la natura e comprendere e descrivere quello che i nostri occhi vedono, pur con tutti i limiti che essi possono avere, soprattutto nel mio caso. Però quando vado sul sito del Kew e vedo gresivaudanica sinonimo di fuciflora, beh allora dico si tirino fuori dai laboratori e comincino a girare un po’ per i calanchi. Noi di Ophrys ne abbiamo poche, ma di fuciflora a bizzeffe e di variabilità in questo settore ne ho vista da stancarmi. E concordo perfettamente che non sia proprio il caso di gestire tale variabilità con nuove specie o sottospecie. Ma di piante come quelle pubblicate da Luciano e Fernando io finora, da noi, non ne avevo mai viste. Forse le si potrà accorpare ad altre specie o sottospecie tardive esistenti, comunque sono popolazioni da studiare e non da snobbare come stranamente è stato fatto in questo forum del Giros.
Approfitto di questo dialogo per chiederti se conosci qualche ragione per cui le ricerche genetiche sulle Epipactis, al contrario di altri generi, sembrino incontrare grosse difficoltà. Noi abbiamo collaborato per molti anni con il prof. Cozzolino, per fornire materiale di sicura identificazione su cui effettuare le analisi. Ma pare che al momento gli studi abbiano ancora bisogno di tempo.
Te lo dico perché a me è venuto un dubbio: e se Epipactis fosse un genere di una singola specie?
Orco che scoop: atrorubens, palustris e nordeniorum subsp. maricae tutte variabilità di helleborine!
Questo spiegherebbe bene gli imbarazzi dei genetisti e offrirebbe pure una soddisfazione irripetibile a parecchi amici del Giros. Solo ti chiedo, nel caso nemmeno tanto assurdo che la genetica possa arrivare a una conclusione del genere, noi saremmo ancora autorizzati a catalogare le differenze fenotipiche, oppure verremmo relegati in un limbo di inutilità e disperazione?
Pondera bene la tua risposta, perché non rispondo delle reazioni di Luciano, quando gli comunicherò la cosa. Ciao Riccardo


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 25 giugno 2012, 9:08 
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Orchidofilo Junior

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ricki51 ha scritto:
Pondera bene la tua risposta, perché non rispondo delle reazioni di Luciano, quando gli comunicherò la cosa.

Visto che ti relazioni direttamente con Luca, allora ti rispondo "indirettamente", considerato anche che la discussione deve essere "aperta" e non un botta-risposta "a due" come un set di tennis.
Allora. Se Bateman ed altri sono giunti a determinati risultati analizzando i dati delle loro indagini, lo hanno anche "dimostrato e scritto", infatti leggendo i loro lavori la cosa è piuttosto chiara, quindi non mi sembra che sia logica la possibilità che tu gli attribuisci di aver "forzato" i dati. Gli esperimenti scientifici degni di questo nome devono seguire il "metodo scientifico" e quindi essere "ripetibili", qualsiasi Università o gruppo di ricerca potrebbe svolgere nuovamente gli stessi esperimenti, rispettando i "Materiali e Metodi" utilizzati da Bateman ed altri, e magari confutarli ed affermare che sono stati manipolati dai precedenti autori. Ma i dati sono dati e, leggendo e studiando quei dati, credimi, si arriva ai risultati a cui è arrivato Bateman.
Ma veniamo invece al metodo classico, cioè quello della osservazione diretta sul campo. Io sostengo che certe cose non sono sempre semplici da individuare "ad occhio" e per dimostrartelo, ti racconto una storiella. ;)
Qui all'Elba esiste una località dove fioriscono centinaia di lactea, la cui fioritura si sovrappone per molti giorni a quella di migliaia di morio. Dire che le due entità vivono a stretto contatto è dire poco. Le due specie a volte si toccano. Per molti anni, insieme a Giuliano, osservando questa situazione, ci siamo chiesti mille volte: "ma perchè queste due piante non generano ibridi??.....eppure mi sembra impossibile....sono due Orchis......in parte fioriscono insieme...i fiori a volte si toccano".
Se io e Giuliano fossimo stati così bravi da tradurre le nostre osservazioni ed a rispondere in maniera pratica alle nostre stesse domande, magari potevamo immaginare che poteva trattarsi di due Generi diversi!!!....hai visto mai, potevamo spianare la strada a Bateman!!! ;)

ricki51 ha scritto:
"Noi di Ophrys ne abbiamo poche, ma di fuciflora a bizzeffe e di variabilità in questo settore ne ho vista da stancarmi."

Ecco il problema sta proprio lì. Più le popolazioni sono numerose, più alta è la variabilità fenotipica e quindi la possibilità di vedere differenze "gigantesche" dove in realtà non ci sono. Pensa un po' se dalle tue parti ci fossero state sparse sul territorio centinaia di migliaia di O.fusca come in Sicilia, avresti detto quello che hai appena detto, ma per le fusca. Se invece dalle tue parti ci fossero state pochissime fuciflora....una quà, una là, credimi, che avresti notato senz'altro una variabilità inferiore (come è logico) ed a nessuno, vedendo una delle piante postate da Luciano, sarebbe venuto in mente di pensare alla gresivau....prisencolinensinanciuso...danica!! :lol:

ricki51 ha scritto:
......................comunque sono popolazioni da studiare e non da snobbare come stranamente è stato fatto in questo forum del Giros.

Eh no!! Mi dispiace ma qui secondo me esageri un po'!! :twisted:
E ti sembra che una discussione con 3 o 4 pagine con tutte queste argomentazioni, significhi "snobbare"!!! :roll: :shock:
Ahi ahi ahi....così mi sento quasi quasi offeso e mi pento di aver perso un sacco di tempo a scrivere quello che ho scritto.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ophrys gresivaudanica O.Gerbaud
MessaggioInviato: 25 giugno 2012, 11:06 
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Caro Riccardo,
provo di nuovo a rispondere prendendo spunti da quanto hai scritto.

Non immagini quante volte ci ho pensato di provare a ripetere certi esperimenti, mi piacerebbe molto potermi occupare di genetica botanica anche a livello lavorativo, ma purtroppo i miei macchinari sono tarati su altri tipi di analisi genetiche, per cui, per ora, non mi è possibile neanche ipotizzare di processare DNA vegetale. Parlo di "mie" macchine, nel senso che macchinari molto simili a quelli usati negli studi di botanica genetica sono usati quotidianamente in ormai quasi tutti gli ospedali per effettuare analisi genetiche. Capisci bene, che se in ambito sanitario, non mi fidassi dei risultati che ottengo, potrei cambiare lavoro subito!

Come faccio a "fidarmi" dei risultati che ottengo? Certamente non accettandoli per veri a propri, come un dogma o un atto di fede! Sono convinto che lo stesso Bateman quando ha ottenuto i suoi primi risultati abbia creduto più ad un errore di qualche analisi che ad una scoperta di simile portata! La certezza assoluta in campo scientifico non esiste, o meglio, i risultati in genere vengono espressi in funzione del più alto grado possibile di probabilità che essi siano corretti.
Un livello di confidenza al 95% sarà sicuramente inferiore a risultati espressi con un livello di confidenza del 99%. Avrò quindi nei due casi una probabilità del 5% o dell'1% che i risultati ottenuti non siano statisticamente significativi.

La significatività dei risultati si ottiene innanzitutto grazie a dei macchinari e delle metodiche di analisi con una alta affidabilità (in termini tecnici una alta Specificità e Sensibilità) andando a ridurre già a livello analitico i possibili errori dovuti alle metodiche e/o operatore dipendenti. I risultati che ottengo devono essere validati, e per questo vengono usati una serie di controlli (negativi e positivi) di cui conosco a priori i risultati. Se tali campioni vengono errati, beh, allora ho certamente sbagliato qualcosa! Se si lavora seriamente questo non avviene, anche perchè in campo sanitario, a differenza della biologia vegetale, dove al massimo si sbaglia a considerare una Ancamptis al posto di una Orchis o viceversa, ne va della salute dei pazienti! Per cui non ci si può permettere errori di nessun tipo. Uno dei primi insegnamenti che viene fornito ai biologi, è quello di leggere sempre tutto in chiave critica, non per mettere in dubbio i risultati altrui, o gli articoli scientifici di altri ricercatori, ma per valutare la loro correttezza e/o dove gli autori e i laboratoristi avrebbero potuto effettuare un controllo in più o in meno, quali risultati hanno o non hanno considerato e perchè, ecc. e imparare quindi a fare lo stesso con i propri dati!

Cosa più importante di tutte, i risultati ottenuti in un qualsiasi laboratorio, prima di essere pubblicati vengono ripetuti in genere in doppio o in triplo, compatibilmente con le risorse disponibili, e validati, come dicevamo, anche dai referees scelti dalla rivista, che si prende la responsabilità di pubblicare tali dati. Se i dati di uno studio sono palesemente sbagliati e la rivista pubblica ugualmente il lavoro, ne va della credibilità e della reputazione della rivista stessa! Ecco perché è stato inventato anche l'Impact factor!

Gli autori in genere devono dimostrare la riproducibilità dei risultati ottenuti, in un eventuale laboratorio indipendente. Nel senso che se domani mi gira, posso riprendere gli esperimenti di Bateman et al., e se ripeto le stesse procedure analitiche da loro effettuate, con gli stessi protocolli devo poter ottenere i loro stessi risultati. Questo grazie al rigore del metodo scientifico che deve essere seguito nei centri di ricerca e nei laboratori di praticamente tutto il mondo. In un sistema di lavoro così serrato, come è quello rappresentato dalle analisi genetiche, è davvero molto difficile, anche volendo, forzare il sistema e i software che elaborano i dati, ed ottenere risultati prefissati, diversi da quelli reali. Nel senso che una sequenza genetica, una volta che la ho sequenziata, ripetessi le analisi altre 100 volte, o dopo dieci anni, i risultati dovranno essere sempre gli stessi, a meno che non ci siano cambiamenti nei macchinari e nei protocolli di analisi, che in genere possono essere cambiati per migliore il sistema analitico, e aumentare la affidabilità delle analisi (passare ad esempio, da una significatività dal 95% al 99%, ma il risultato ottenuto deve essere sempre quello. Mi spiego meglio, se oggi ad un paziente diagnostico l'HIV (si va a cercare con analisi genetica il DNA del virus), devo essere certo che se tra due mesi ripeto le analisi, dovessi anche cambiare i macchinari per fare le analisi, o se il paziente ripetesse le analisi presso un altro laboratorio, il risultato che gli verrà fornito dovrà essere uguale! Se così non fosse potrebbe denunciarmi e farmi causa!

Altra considerazione riguarda il fatto che le prime analisi genetiche che confermavano il cambio di genere di certe Orchis è stato eseguito nel 1997, in questi 15 anni sono stati compiuti passi da giganti e molteplici altri studi sono stati fatti, andando ad analizzare non solo le primordiali sequenze ITS, che ormai tutti quanti conosciamo, ma anche molti altri geni (penso a CoxI, Rpl16, il più recente orcPI, e molti altri) ...e i risultati di più centri di ricerca indipendenti confermano ormai sempre gli stessi risultati! [Breve inciso, trovo quindi senza alcun fondamento razionale e scientifico, alcune recenti innovazioni fatte dal nostro amico belga, che questa volta ha superato se stesso, ed ha avuto la pensata di creare non solo nuove specie, ma addirittura nuovi generi.. si vedano per esempio i quanto meno improbabili generi "Paludorchis", "Anteriorchis", "Vermeulenia"].

Altro punto molto importante, è che tutte le sequenze geniche, di qualunque organismo al mondo venga sequenziato, sono di libero dominio, nel senso che vengono registrate in banche dati di libera consultazione e chiunque può accedere e cercarsi la sequenza di un certo gene di un certo organismo (se in precedenza qualcuno lo ha già sequenziato). A differenza purtroppo, degli articoli che si basano su tali studi e sequenziamenti, che vengono anche pubblicati online, ma spesso non sono consultabili, a meno che non si sia abbonati alla rivista o si acquisti direttamente l'articolo!

Ora non ho molto tempo a disposizione, ma mi riprongo con più calma di mostravi alcuni dati estratti con BLAST (Basic Local Alignment Search Tool) un software che consente di allineare una certa sequenza genica, e confrontarla contro tutte quelle note depositate nelle banche dati, andando a vedere in pochi minuti, quali sono le sequenze più simili. Molto semplicemente, possiamo dire che, valutando tutta una serie di parametri statistici (Max score, Query coverage, E-value, ecc.) maggiore sarà la somiglianza tra le due sequenze, maggiore sarà la probabilità che quei due organismi siano imparentati, fino alla totale corrispondenza, che dunque è sinonimo che i due organismi sono uguali (della stessa specie).


Veniamo ora a quanto è stato chiesto sugli studi del genere Epipactis. Confesso che fino a ieri sera non avevo mai approfondito più di tanto questo genere sotto l'aspetto genetico, ma effettuando alcune ricerche online ho trovato un interessante articolo proprio di Cozzolino et al. di due anni fa. Non so se questo articolo rappresenti per il loro gruppo di ricerca la pubblicazione dei risultati ottenuti dallo studio e dai materiali da voi forniti, ma è quanto meno un punto di partenza. Aprirei però un'altra discussione a tal proposito, che trovi a questo link, per non mettere troppa carne al fuoco in questa discussione dove invito, anche chi era già intervenuto in precedenza, a riprendere la parola, e a continuare ad esprimere dubbi e considerazioni. Non vorrei che diventasse una discussione a due, magari pedante e noiosa per gli altri!


PS: Vedo ora che nel frattempo ha risposto anche Leonardo...

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«I was much struck how entirely vague and arbitrary is the distinction between species and varieties. Charles Darwin, On the Origin of Species (1859)

«This disagreement regarding bee orchid diversity represents a particularly extreme example of a phenomenon that frequently afflicts taxonomy - a dichotomy between researchers who divide natural variation into as many units as possible (splitters) and others who aggregate those subtly different units into entities that they consider to be either more easily recognised or more biologically meaningful (lumpers)» - R.M. Bateman

«Un fiore, anche il più insignificante, è la mirabile risultanza di un collaudato progetto genomico, di precisi equilibri ecologici, dell'azione congiunta del sole, del terreno, della pioggia e della rugiada, del vento e degli insetti impollinatori. Quale unica specie consapevole della complessità di questi processi e della preziosità del risultante dono, è nostro dovere promuoverne la conoscenza e prodigarci per la sua protezione» - G. Sciarretta


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