Dato che l'altro giorno, alla richiesta di spiegare il concetto di sottospecie, sono stato forse poco chiaro, o piuttosto elusivo, rimandando a questa precedente discussione, vorrei ora tornarci, per approfondire un po' la questione.
Vorrei innanzitutto fare un salto indietro nel tempo esattamente di 20 anni. Nel 1992 Clement Hamilton e Sarah Reichard pubblicarono un articolo intitolato:
Current practice in the use of subspecies, variety, and forma in the classification of wild plants - ovvero:
La prassi attuale nell'uso delle sottospecie, varietà e forme nella classificazione delle piante selvatiche. I due autori andarano ad analizzare una quantità piuttosto elevata di monografie e pubblicazioni, studiando quali fossero "le abitudini" dei tassonomisti! Presero in esame 494 monografie e revisioni nel periodo 1987-1990, nelle quali erano trattate 8043 specie in tutto. Di queste, 661 specie, circa l'8% delle specie pubblicate includevano taxa a livello infraspecifico. Di queste, circa il 42% era stato pubblicato come sottospecie, il 52% come varietà, il 3% come forma e un altro 3% in taxa di più di un livello.
Sottospecie e varietà sono generalmente definiti come taxa che richiedono alcune caratteristiche importanti: isolamento geografico, ecologico e/o filogenetico, oltre chiaramente alla morfologia, e questo probabilmente ne scoraggia l'uso da parte dei tassonomi. Nonostante alcuni tentativi di distinguere le sottospecie dalle varietà spesso nella pratica risultavano usati quasi come sinonimi. Gli autori rilevarano che i tassonomi europei tendevano a favorire l'uso delle sottospecie, mentre i tassonomi americani preferivano di gran lunga l'uso delle varietà. Le forma, in genere venivano definiti come prive di qualsiasi carattere extramorfologico.
I due autori, data la confusione ed arbitrarietà trovata nell'uso dei taxa infraspecifici, auspicavano che più autori indicassero brevemente la propria filosofia sull'uso della tassonomia infraspecifica, così da poter comprendere meglio le loro classificazioni. Ritenevano inoltre che i tassonomi, collettivamente, avrebbero dovuto promuovere una maggiore standardizzazione nell'uso della classificazione infraspecifica, in vista anche dell'allora prossimo raduno per stilare in nuovo codice ICBN. Hamilton e Reichard evidenziavano inoltre come, nonostante non passase un anno senza che almeno un nuovo articolo pretendesse di spiegare a tassonomi, biologi evolutivi ed ecologisti come risolvere "il problema delle specie", il tema della classificazione infraspecifica riceveva invece una attenzione molto più sporadica, arrivando a citare addirittura un lavoro del 1986 in cui si riportava una presunta "tendenza... a collocare nuovi organismi a livelli inferiori della sottospecie in gran parte abbandonata". I due autori svolsero dunque questo lavoro ponendosi delle domande, al fine di documentare e valutare tale contesto, e presentare poi delle proposte di modifica del Codice Internazionale di Nomenclatura Botanica (Greuter et al., 1988)
Le domande erano:
1. Quanto comunemente i tassonomi usano la classificazione infraspecifica?
2. Quante volte, i diversi gradi infraspecifici - sottospecie, varietà e forma - sono utilizzati per la classificazione delle piante selvatiche?
3. In quali circostanze i tassonomi riconoscono ai taxa, ranghi di sottospecie e varietà?
4. Sottospecie e varietà sono comunemente percepite come ranghi distinguibili e, se così, su quali basi?
5. In quali circostanze i tassonomi riconoscono ai taxa il rango di forma?
6. In quali circostanze i tassonomi impiegano più di un rango infraspecifico all'interno di una specie?
7. Ci sono diverse scuole di pensiero per quanto riguarda l'uso della classificazione infraspecifica?
8. Quante volte gli autori esplicitano la loro filosofia sulla classificazione infraspecifica?
9. Quanto spesso una qualche forma di analisi numerica e presentazione grafica accompagna le classificazioni infraspecifiche?
10. Su quali punti c'è abbastanza concordanza, per basare specifiche raccomandazioni per una standardizzazione nell'utilizzo dei livelli infraspecifici?
Le risposte ovviamente sono tutte nell'articolo, io mi limiterò a riportare alcune osservazioni di Hamilton e Reichard:
Diversi autori dichiarano di abbandonare volutamente taxa precedentemente rilevati come infraspecifici al fine di aumentare la chiarezza e la semplicità di classificazione: "
In alcuni casi, infatti, ogni considerazione sulle forme, varietà o sottospecie, è in realtà una fonte di confusione, ed è molto meno pratico". Altri autori dichiarano una insufficiente conoscenza dei modelli morfo-geografici, per poter usare con sicurezza la classificazione infraspecifica, e implicitamente criticano quei tassonomi che lo fanno a casaccio: "
Sento che il riconoscimento delle categorie infraspecifiche, che si tratti di sottospecie o varietà, implica una conoscenza di rapporti e relazioni che non ho... un buon numero di specie sono polimorfiche e alcune in modo esagerato. Questi possono essere considerati come i miei fallimenti e affido questi soggetti ai futuri ricercatori per ulteriori studi - augurando loro gioie" (Taylor, 1989). Alcuni autori sono stati volutamente conservativi e hanno risparmiato sull'uso di livelli infraspecifici, ad esempio, Beaman (1990): "
Il riconoscimento di taxa infraspecifici è stato evitato, ma una sola eccezione è stata fatta... andare al di là di questo caso eccezionale avrebbe spalancato le porte al riconoscimento di un gran numero di varianti minori". Molti altri autori, ancora, come Goldblatt (1990) e Peng (1989), spesso preferiscono discutere a fondo di modelli di variabilità, senza riconoscere taxa infraspecifici.
Presentato l'articolo, vorrei aggiungere alcune considerazioni. A distanza di 20 anni purtroppo una standardizzazione internazionale nell'uso dei vari livelli infraspecifici ancora non è stata raggiunta, confido nella prossima edizione dell'ICBN, di cui sono già state pubblicate le prime bozze, e che, ricordate, non si chiamerà più ICBN (International Code of Botanical Nomenclature) bensì ICNAF (International Code of Nomenclature for algae, fungi, and plants), anche se non credo che troveremo neanche questa volta delle chiare indicazioni d'uso per i vari livelli infraspecifici. In questi ultimi anni la tassonomia, almeno per quanto riguarda le orchidee spontanee, ha in larga parte abbandonato i livelli infraspecifici, continuando comunque a sfornare una quantità considerevole di nuovi taxa, quasi tutti a livello specifico, credo sia allora giunta l'ora di rivedere un po' la tassonomia, in chiave sistematica, che per troppi anni è stata trascurata!
Se Delforge è arrivato a descrivere qualcosa come 251 specie (raggruppate in 32 complessi), e Bateman e altri con le ricerche genetiche ritengono che di specie filogeneticamente separate ne esistono 10, forse 12, allora credo sia il caso di iniziare a capirci qualcosa! Non metto in dubbio che ricercatori che spendono giorni e mesi interi sul campo, macinando chilometri e chilometri, possono avere una conoscenza maggiore della morfologia delle orchidee, riconoscendo caratteri più o meno evidenti che possono differenziare in qualche modo queste piante, ma oltre a rilevare queste differenze, credo sarebbe opportuno andare ad indagare maggiormente e più approfonditamente il perchè di queste più o meno evidenti differenze. Quanti di questi ricercatori che spendono mesi sul campo sono andati ad indagare se le piante che hanno descritto sono riproduttivamente o filogeneticamente isolate?
Ci sono specie "per ora" assolutamente indistinguibili dal punto di vista genetico (es. Ophrys sphegodes ed Ophrys exaltata) (e che quindi non si separano secondo il PSC e secondo Bateman) ma quando studiate a fondo (Xu et al. 2011, Sclhuster et al. 2010) si sono rivelate ben isolate riproduttivamente (quindi secondo il BSC sono due specie diverse) e ovviamente sono ben distinte anche morfologicamente e soprattutto per gli odori che emettono. In altri casi la differenza morfologica non è corrisposta da un isolamento riproduttivo o anche, cose morfologicamente molto simili sono parzialmente isolate riproduttivamente ( è il caso di O. sphegodes della campania e della puglia) perchè hanno odori differenti ed attirano insetti differenti.
In linea di principio ogni volta che si instituisce una nuova specie andrebbe indagato a fondo il suo isolamento riproduttivo e la sua filogenesi, ma vista la quantità di materiale ad oggi descritto, attualmente è quasi del tutto impossibile per tempi di processazione richiesti dai laboratori di genetica vegetale e per i costi. Ecco perchè dunque, sono dell'opinione che tra le 251 specie di Delforge e le 19 specie (di Ophrys) di Pedersen e Faurholdt o le 10 specie di Devey, Bateman et al, ritengo anch'io, come alcuni studiosi mi hanno suggerito, sia più appropriata una posizione intermedia tipo quella del Kreutz, che fa largo uso della nomenclatura infraspecifica, dando spazio a sottospecie, varietà e forme, per tutte quelle "ipotetiche specie" con attribuzione solo morfologica, nell'attesa di studi più approfonditi.
Di seguito vi riporto il link dell'articolo visto all'inizio e alcuni altri, che seppur a titolo più generico, a mio avviso sono altrettando interessanti!
Current Practice in the Use of Subspecies, Variety, and Forma in the Classification of Wild Plants - 1992
Clement W. Hamilton and Sarah H. Reichard -
http://faculty.washington.edu/reichard/ ... ichard.pdfSystematics and the Origin of Species, from the Viewpoint of a Zoologist Di Ernst Mayr - 1942
http://books.google.it/books?id=mAIjnLp ... &q&f=falseThe Subspecies Concept and Its Taxonomic Application - E.O. Wilson, W.L. Brown, jr. - 1953
http://sysbio.oxfordjournals.org/content/2/3/97.extractThe subspecies concept in the 1980's - John P. O'Neill - 1982
http://elibrary.unm.edu/sora/Auk/v099n0 ... -p0612.pdfTaxonomic Considerations in Listing Subspecies Under the U.S. Endangered Species Act - aa.vv. - 2006
http://quinnkesler.net/storage/publications/CBSubsp.pdfSubspecies, Semispecies, Superspecies - James Mallet - 2007
http://www.ucl.ac.uk/taxome/jim/Sp/Sub-semi.pdfSottospecie, Popolazioni, Razze - Lezione di Genetica delle popolazioni - prof. S. Presciuttini - (a.a. 2011-2012)
http://statgen.dps.unipi.it/courses_fil ... iRazze.pdf