G.I.R.O.S. - Gruppo Italiano per la Ricerca sulle Orchidee Spontanee

Solo il fiore che lasci sulla pianta è tuo. (Aldo Capitini)
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 Oggetto del messaggio: Orchidee... DNA, genetica e biologia!
MessaggioInviato: 9 novembre 2011, 20:39 
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Carissimi,
vorrei provare ad avventurarmi in un argomento che a molti può sembrare ostico, ma che in realtà a me piace in modo particolare. Vorrei provare a scrivere una serie di argomenti che ci permetteranno di capire un po' meglio, senza avere la pretesa di diventare dei genetisti o dei biochimici (in realtà senza neanche approfondire in modo eccessivo gli argomenti), quali relazioni ci siano tra le orchidee spontanee e gli studi di genetica e del DNA, e come quest'ultimo possa interessare le nostre ricerche, influenzando la nomenclatura dei fiori. Un'impresa non da poco! :lol: Per molti dirò forse cose ovvie e conosciute, ma spero che possano essere utili e sufficientemente chiare per tutti, soprattutto per chi vuole provare ad avvicinarsi per la prima volta a questo aspetto della biologia e della botanica! :)



Questo è quello che vorrei provare a scrivere.. ma in corso d'opera potrebbe subire delle modifiche! :D



Indice

1. Che cos'è il DNA
1.1 I nucleotidi
1.2 La doppia elica
1.3 I cromosomi
1.4 Ploidia
1.5 Poliploidia
2. La cellula vegetale
2.1 Strutture cellulari
2.2 Tipi di cellule vegetali
2.3 Il ciclo cellulare
2.4 Mitosi e divisione cellulare
2.5. La duplicazione del DNA
3. Meiosi, il processo base della riproduzione sessuata
3.1 Evoluzione delle piante
3.2 Le Angiosperme
3.3 Riproduzione delle orchidee
3.4 L'impollinazione
3.5 Meiosi
3.6 L'origine della variabilità genetica ----------------------> Attualmente consultabile fino qui.
4. Dai geni alle proteine
4.1 La trascrizione del DNA, l'mRNA
4.2 L'rRNA e la traduzione del DNA
4.3 Codice genetico
4.4 Amminoacidi e proteine
5. Le mutazioni
5.1 Sostituzioni
5.2 Delezioni e inserzioni
6. La filogenesi
6.1 La filogenesi molecolare
6.2 Monofilia
6.3 Polifilia
6.4 Parafilia
7. L'ereditarietà
7.1 Genotipo e fenotipo
7.2 Le leggi di Mendel
7.3 L'ereditarietà dopo Mendel
8. PCR e amplificazione del DNA
9. Sequenziamento del DNA
10. ITS, rRNA e DNA mitocondriale
11. Allineamento delle sequenze
11.1 Algoritmi di allineamento
11.2 NCBI
11.3 BLAST


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MessaggioInviato: 9 novembre 2011, 20:40 
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1. Che cos'è il DNA?

Innanzitutto credo sia d'obbligo iniziare spendendo qualche parola su cosa sia il DNA. Molti avranno ricordi della scuola, soprattutto i più giovani, ma forse non a tutti è chiaro cosa si cela dietro questo acronimo. Il DNA, ovvero l'acido desossiribonucleico, è una molecola, un polimero organico racchiuso all'interno di ogni singola cellula, di tutti gli organismi viventi. Esso viene custodito all'interno di una particolare struttura della cellula, il nucleo. Da qui deriva anche il nome di acido nucleico. Quello che è importante ricordare sempre è che il DNA viene trasmesso dai genitori ai figli al momento della fecondazione, e che questa molecola contiene al suo interno tutte le istruzioni necessarie alla costruzione di tutte le molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi.


1.1 I nucleotidi

Abbiamo detto che dal punto di vista chimico, il DNA è un polimero organico, ovvero una sorta di catena (filamento) costituita da monomeri, cioè delle unità ripetute, chiamate nucleotidi (deossiribonucleotidi). Tutti i nucleotidi sono costituiti da tre componenti fondamentali: un gruppo fosfato, il deossiribosio (uno zucchero pentoso) e una base azotata. I primi due componenti, il gruppo fosfato (P) e lo zucchero deossiribosio (Z), hanno una funzione di supporto, ovvero formano la struttura portante, lo scheletro laterale della molecola di DNA, e consentono il legame di due nucleotidi vicini.


Nella seguente immagine sulla sinistra è rappresentato un singolo nucleotide, mentre sulla destra tre nucleotidi legati insieme.

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Il terzo componente dei nucleotidi, la base azotata (B), è quello più importante, racchiude in se e nella sequenza con cui viene ripetuta lungo la catena, tutta l'informazione genetica del DNA. Le basi azotate utilizzate nella formazione dei nucleotidi del DNA sono quattro:

Adenina (A), Timina (T), Guanina (G) e Citosina (C).

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Esiste una quinta base chiamata Uracile (U), ma essa non è di norma presente nelle catene di DNA. L'uracile è presente nei filamenti di RNA al posto della timina, ma avremo modo di parlarne in seguito.


Legando quindi insieme tanti nucleotidi avremo una catena, un singolo filamento di DNA: un susseguirsi di nucleotidi ognuno portante una delle quattro basi azotate legata a sè.

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1.2 La doppia elica

In realtà, negli organismi viventi, il DNA non è quasi mai presente sotto forma di singola catena, ma come una coppia di filamenti saldamente associati tra loro. Infatti nella molecola di DNA, oltre ad esserci dei legami laterali tra zucchero e fosfato, che abbiamo visto sopra, ci sono anche dei legami chimici tra le basi azotate. Queste non si accoppiano a caso (salvo errori, che vedremo più avanti) ma in modo complementare, formando delle coppie di basi:

Adenina con Timina e Guanina con Citosina, proprio come si può vedere nella seguente immagine.


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Questo doppio filamento di DNA che si viene a formare, è largo tra i 22 ed i 26 Ångström (da 2,2 a 2,6 nanometri) ed ogni nucleotide è lungo 3,3 Ångstrom (0,33 nanometri). Ogni nucleotide occupa quindi uno spazio decisamente ridotto, ma la lunghezza dell'intera catena di DNA può essere sorprendentemente elevata: Ogni filamento può contenere infatti diversi milioni di nucleotidi. Ad esempio, il più grande cromosoma umano (il cromosoma 1) contiene quasi 250 milioni di paia di basi. Facendo una rapido calcolo qualcuno potrebbe giustamente far notare che una singola molecola di DNA misura circa 8 cm di lunghezza e considerato che ogni cellula umana ha 24 cromosomi, fanno circa 2 metri di DNA per cellula!


Come fa allora il DNA a stare all'interno della cellula?

In realtà i due filamenti complementari si intrecciano tra loro a formare una struttura definita a doppia elica.

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1.3 I cromosomi

Questa doppia elica, costituita dai due filamenti complementari di DNA appaiati, a sua volta si attorciglia su se stessa più e più volte, impacchettandosi e compattandosi con l'aiuto di alcune proteine chiamate istoni. Più il DNA si avvolge attorno a queste proteine strutturali e più si addensa, fino a formare delle strutture tridimensionali (nucleosomi) che continuano ad addensarsi in strutture sempre più grandi e sempre più compatte, fino ad arrivare alla formazione dei cromosomi.

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I cromosomi (dal greco chroma = colore, e soma = corpo) vengono così chiamati per la loro affinità verso certi coloranti utilizzati in microscopia ottica per poterli mettere in evidenza all'interno della cellula. I cromosomi sono chiaramente visibili al microscopio ottico come singole strutture di forma allungata, soltanto quando la cellula è però in procinto di dividersi. I cromosomi costituiscono le principali strutture coinvolte nella divisione cellulare che vedremo in seguito. Durante tutto il resto del ciclo cellulare essi costituiscono una massa amorfa più o meno addensata e diffusa di fibre, estremamente sottili per poter essere distinte al microscopio ottico. Il materiale cromosomico, definito cromatina, è formato da molecole di DNA. Quando una cellula si prepara alla divisione, la cromatina inizia a condensarsi e subisce un processo di ripetuta spiralizzazione che porta infine alla formazione dei singoli cromosomi. Nella microfotografia successiva di una cellula vegetale, ciascuna delle strutture filamentose di colore viola scuro rappresenta un cromosoma.

Allegato:
cromosomi cellula vegetale.JPG
cromosomi cellula vegetale.JPG [ 65.92 KiB | Osservato 11697 volte ]



Il numero di cromosomi contenuti in una cellula eucariotica, come anche il numero dei geni, varia a seconda della specie. In condizioni normali, nella nostra specie, ad esempio, le cellule somatiche contengono 46 cromosomi (23 coppie). Le cellule della Anacamptis laxiflora ne contengono 36, della Orchis purpurea 42 e così via, ma avremo modo e tempo di approfondire questo argomento. Parleremo ancora dei cromosomi, parlando della divisione cellulare (par. 2.3)




1.4 Ploidia

Finora abbiamo parlato dei cromosomi e del fatto che ogni specie ha un proprio numero di cromosomi all'interno delle sue cellule. Ma non abbiamo ancora detto quante copie di ogni cromosoma sono presenti in ogni cellula...... una?! Sarebbe troppo facile! :D e per nostra fortuna non è così! Nelle nostre cellule, ad esempio, ognuno dei 23 cromosomi è presente in doppia coppia. Questo significa che per ogni cromosoma, è presente un suo omologo. Due cromosomi identici tra loro, come si può vedere nell'immagine che segue. Questo se ci pensate rappresenta un vantaggio, perchè se uno dei due cromosomi dovesse subire delle mutazioni, ce ne resta sempre una copia di scorta! Ma in realtà il vantaggio è anche di tipo evolutivo, e vedremo come. (ved. par. 3.6 - L'origine della variabilità genetica)

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Con il termine ploidia si indica il numero delle serie di cromosomi omologhi presenti in una cellula, ogni serie si simboleggia con la lettera N.

Facciamo qualche esempio: una cellula con una sola serie di ogni cromosoma avrà ploidia 1 (1N) e si dirà dunque aploide.
In una cellula dove ogni cromosoma ha un omologo, si dirà che ha ploidia 2N ovvero è diploide.
Una cellula con 3N sarà triploide, una con 4N sarà tetraploide.
Con più di quattro serie di cromosomi (5N, 6N….) si dirà poliploide.

Nell'uomo, la aploidia (1N), la diploidia (2N) e la poliploidia in rari casi, purché pari, sono condizioni che si definiscono di euploidia (buona ploidia). Infatti abbiamo normalmente, cellule aploidi da 23 cromosomi, che sono quelle della linea germinale (spermatozoi e ovuli); cellule diploidi, che costituiscono la maggior parte dei tessuti (46 cromosomi, 23 coppie di omologhi); e cellule poliploidi (cellule diploidi fisiologiche polinucleate) con un numero di cromosomi multipli del patrimonio diploide (4N=92, 8N=138, ecc.), per esempio alcuni epatociti (da 2N a 8N), i megacariociti precursori delle piastrine (da 16N a 64N), i sincizi muscolari, ecc.


La aneuploidia (cattiva ploidia) è la condizione in cui il numero totale di cromosomi di una cellula non è un multiplo di N (patrimonio aploide). Nell’uomo si possono verificare anomalie genomiche con eliminazione (monosomia) o aggiunta (trisomia) di un cromosoma, quindi si hanno 45 o 47 cromosomi (es. Sindrome di Down, trisomia del cr. 21). Anche le cellule tumorali acquisiscono, frequentemente, mostruose forme di aneuploidia.

La nulliploidia nell'uomo è una condizione di cellule estremamente specializzate, che nel corso della loro maturazione hanno perso il nucleo, per cui sono senza cromosomi (globuli rossi e piastrine).



1.5 Poliploidia

La poliploidia come abbiamo visto è la presenza di un numero di cromosomi superiore al corredo diploide (2N). Nel regno animale la poliploidia è estremamente rara o limitata a particolari tessuti, mentre nelle piante la poliploidia è estremamente frequente, quasi la regola e interessa l’intero organismo. Si hanno quindi specie poliploidi.

Le piante poliploidi sono classificate in due tipi principali:

Autopoliploidi se i corredi cromosomici dell’organismo poliploide derivano dalla stessa specie (es. la patata coltivata),

Allopoliploidi se i corredi cromosomici dell'organismo derivano da specie differenti (è il caso degli ibridi).

In generale le specie autopoliploidi presentano problemi di sterilità dovuti all’appaiamento multiplo dei cromosomi durante la meiosi, che vedremo in seguito, dato che sono presenti più di due cromosomi uguali. Negli allopoliploidi, invece, l’appaiamento avviene più regolarmente poiché si formano coppie di cromosomi derivanti dalla stessa specie.


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2. La cellula vegetale

Abbiamo più volte nominato il nucleo, ovvero quella particolare struttura cellulare deputata a contenere il DNA. Vediamo allora un po' più in dettaglio come è fatta una cellula vegetale, e cos'altro c'è oltre al nucleo, dentro una cellula di una orchidea!

La cellula vegetale è un particolare tipo di cellula eucariotica. Le cellule eucariotiche (eucarion deriva dal greco = "vero nucleo") che compongono gli organismi pluricellulari, si distinguono da quelle procariotiche (procarion = "prima del nucleo", senza nucleo) degli organismi unicellulari (vedi ad es. i batteri). Le cellule vegetali hanno in genere forma esagonale, con diverse peculiarità che le differenziano dalle cellule animali, fungine e degli altri regni dei viventi.



2.1 Strutture cellulari

Sono caratterizzate dalla presenza della parete cellulare una struttura di protezione e sostegno costituita da cellulosa, (le cellule animali hanno solo la membrana cellulare) che consente alla cellula di mantenere la propria forma e impedisce l'eccessivo assorbimento d'acqua; da plastidi, e specialmente i cloroplasti che, grazie alla clorofilla permettono alle cellule vegetali di produrre monomeri di zucchero (glucosio) e ossigeno a partire dalla CO2 sfruttando l'energia solare, attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana. E infine la presenza caratterizzante di numerosi vacuoli (cavità endocellulari avvolte da una membrana) che occupano gran parte della cellula e la cui funzione principale è quella di mantenere il turgore cellulare, svolgendo varie funzioni. In esso per esempio sono presenti ed accumulate le sostanze di riserva e/o di scarto.

Queste tre strutture sono tipiche delle cellule vegetali. Sono poi presenti altre strutture condivise anche con le cellule di tipo animale, quali i mitocondri, i ribosomi, l'apparato di Golgi, la membrana plasmatica e il nucleo!

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2.2 Tipi di cellule vegetali

Così come nell'uomo esistono vari tipi di cellule (neuroni, linfociti, epatociti, osteociti, ecc.) e di organi, anche nelle piante ci sono vari tipi di cellule e di tessuti. Le principali cellule vegetali sono:

Cellule parenchimatiche: sono le cellule più abbondanti nel fusto di una pianta in fase di accrescimento; alcuni tessuti vegetali sono formati quasi totalmente da questo tipo di cellule. Le cellule parenchimatiche sono vive a maturità, dotate di parete cellulare generalmente sottile. Generalmente hanno forma poliedrica a 14 facce e sono provviste di un grande vacuolo centrale. Da un punto di vista metabolico sono molto attive e possono assumere funzioni fotosintetiche (nelle foglie e nelle parti verdi della pianta), funzioni di riserva (accumulo di lipidi o amido) oppure di conduzione. Alcune cellule parenchimatiche mantengono la capacità di dividersi e possono dare origine a tessuti meristematici per riparare una lesione.

Cellule collenchimatiche: sono cellule allungate che svolgono prevalentemente una funzione di supporto, ma, nel mentre, svolgono anche funzioni metaboliche come la fotosintesi. Hanno limitate capacità di sostegno meccanico ma la loro elasticità le rende ottime per sostenere le piante erbacee e gli organi in sviluppo. Sono costituiti da cellule collenchimatiche, ad esempio, i piccioli delle foglie, i germogli non legnosi, gli organi in accrescimento e i fasci del gambo del sedano.

Cellule sclerenchimatiche: sono le cellule di sostegno propriamente dette, provviste di una parete molto spessa e impermeabile. Questo provoca la morte della cellula che non può ricevere abbastanza nutrimento per mantenere un qualsiasi metabolismo, anche di mantenimento. Il tessuto sclerenchimatico oltre alle ovvie funzioni di sostegno ha funzioni di protezione dai predatori. Esistono due tipi di cellule sclerenchimatiche: le fibre, organizzate in fasci che forniscono sostegno rigido alle piante legnose; e le sclereidi che formano il guscio delle noci o il rivestimento dei semi. Nella polpa di alcuni frutti come le pere si trovano gruppi isolati di sclereidi dette cellule petrose che ne conferiscono la caratteristica consistenza granulosa.

Cellule meristematiche: sono cellule non differenziate (le famose cellule staminali pluripotenti), il cui unico scopo è la riproduzione. Si occupano quindi della riparazione e della crescita della pianta in lunghezza (meristema primario o apicale) ed in larghezza, meristema secondario. Le cellule meristematiche delle orchidee hanno una grande attività riproduttiva soprattutto in primavera, quando nel giro di poche settimana si forma l'intero fusto fiorifero.

Il meristema apicale in genere ha una forma a cupola, ed è formato da cellule che si dividono in modo ordinato: le cellule dello strato più esterno (o degli strati più esterni) si dividono solo anticlinalmente (cioè perpendicolarmente rispetto alla superficie dell'apice) e costituiscono la tunica, mentre le cellule interne si dividono in ogni direzione e costituiscono il corpus. Le divisioni delle cellule del corpus determinano l'allungamento del fusto, mentre quelle della tunica hanno lo scopo di aumentare la superficie della tunica stessa e quindi di assecondare l'aumento di volume del corpus.

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2.3 Il ciclo cellulare

Il ciclo cellulare, è una sequenza di eventi che inizia con la "nascita" della cellula e termina al momento in cui essa si divide. La fase più lunga del ciclo cellulare corrisponde all'interfase, durante la quale si ha la duplicazione della cromatina. Tale evento avviene durante quella che è definita fase S (sintesi di DNA) dell'interfase, preceduta dalla fase G1 e seguita dalla fase G2. Per tutta la durata dell'interfase la cellula va incontro a reazioni metaboliche e si accresce. L'effettiva divisione cellulare avviene durante la fase mitotica (fase M), che comprende la mitosi vera e propria e la citodieresi (divisione del citoplasma, il liquido contenuto nella cellula con tutte le sue strutture). Durante l'interfase i cromosomi si trovano sotto forma di una massa amorfa e non sono ancora distinguibili come strutture a bastoncello. Durante le fasi G1 e G2 possiamo dire che la cellula effettuata dei controlli di sicurezza, per verificare che al suo interno le quantità di DNA presente siano corrette. Se è così procede con il suo ciclo, in caso contrario cerca di sistemare il problema e se non ci riesce va incontro a morte o ad uno stato dormiente, per evitare di generare cellule figlie anormali.

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A questo punto occorre fare alcune precisazioni sui cromosomi. Come abbiamo appena detto, durante la fase S dell'interfase il DNA viene duplicato. Questo avviene molto prima che una cellula inizi a dividersi, proprio perché essa deve duplicare tutti i cromosomi contenuti nel suo nucleo. In che modo il DNA viene duplicato dalla cellula lo vedremo meglio in seguito. Per ora vi anticipo solo che quando la molecola di DNA di ogni cromosoma viene replicata, nuove molecole proteiche (istoni) si associano dove necessario. A questo punto, ogni cromosoma risulta costituito da due elementi identici, definiti cromatidi fratelli, che contengono la medesima molecola di DNA in duplice coppia. I due cromatidi fratelli risultano uniti reciprocamente in corrispondenza di una particolare regione, nota come centromero.


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2.4 Mitosi e divisione cellulare

Come avrete già intuito, le cellule hanno bisogno di duplicarsi perché non vivono in eterno. Esse muoiono costantemente e costantemente devono essere rimpiazzate da nuove cellule. Ecco perché è indispensabile che le cellule si dividano moltiplicandosi. La divisione cellulare è un processo importantissimo per la vita, in quanto esso permette ad una cellula genitore di dividersi in due o più cellule figlie. In tutti gli organismi la divisione cellulare costituisce la base della riproduzione e permette agli organismi pluricellulari di accrescersi a partire da una singola cellula. Tale processo assicura inoltre la sostituzione delle cellule invecchiate e di quelle danneggiate e permette pertanto di mantenere relativamente costante il numero totale di cellule presenti in un dato individuo. In ogni momento, anche mentre state leggendo, milioni di cellule del vostro corpo devono dividersi per permettere il mantenimento del numero totale di elementi cellulari, stimato in circa 60.000 miliardi! Il numero di volte che una cellula si divide nel corso della propria vita dipende dal ruolo che essa svolge all'interno dell'organismo. Alcune cellule si dividono all'incirca una volta al giorno, altre sono caratterizzate da un ciclo meno rapido, mentre altre estremamente specializzate non si dividono mai.


La mitosi è il processo di divisione di una singola cellula in due cellule figlie geneticamente identiche. Quando la cellula si divide, i due cromatidi fratelli di ciascun cromosoma si separano, come mostrato di seguito. Quindi, come abbiamo visto nel corso del ciclo cellulare, la cellula dunque duplica la quantità di DNA presente nel suo nucleo. Nel corso della mitosi la quantità duplicata, viene distribuita in parti uguali alle due cellule figlie, sotto forma di cromosomi singoli (cromatidi). La figura si riferisce a un singolo cromosoma.

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Nel corso della mitosi o divisione cellulare, ciascun cromatidio migra in modo ordinato e controllato verso una delle due cellule figlie, seguendo quello che viene chiamato fuso mitotico. Ogni cellula figlia in tal modo riceve un corredo cromosomico completo e identico a quello dell'altra cellula figlia, e a quello della cellula genitore. Per esempio, nel caso della Orchis purpurea, ogni cellula meristematica prossima alla mitosi (che ha già duplicato il DNA) possiede 42 cromosomi, formati da due cromatidi fratelli, e ciascuna delle due cellule figlie riceve 42 cromosomi singoli (un cromatidio fratello ciascuna).

La mitosi nella realtà è un processo continuo, ma per semplicità i biologi preferiscono suddividerla in quattro stadi principali:

Profase (la cromatina si addensa a formare i cromosomi, la membrana nucleare si rompe, si forma il fuso mitotico e i cromosomi vengono legati dai microtubuli che compongono il fuso)

Metafase ( i cromosomi si dispongono all'equatore della cellula in modo da essere tutti allineati),

Anafase (il centromero di ogni cromosoma si divide; in questo modo i cromatidi fratelli migrano ai poli opposti della cellula grazie ai microtubuli che si accorciano trascinandoli),

Telofase (i cromatidi fratelli sono giunti ai due poli e attorno a loro cominciano a formarsi due membrane nucleari; questo fa in modo che si formino due nuclei distinti).

Al termine si ha la citodieresi, ultima fase del ciclo cellulare, durante il quale si ha la divisione del citoplasma della cellula. Alla fine di questo processo si ottengono due cellule distinte, le cellule figlie.


Ecco come appare la cellula in queste fasi della mitosi.

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2.5 La duplicazione del DNA

Abbiamo parlato in lungo e in largo della cellula e della sua capacità di duplicare il DNA per potersi duplicare e dare origine a due cellule figlie. Vediamo ora in breve in che modo la doppia elica di DNA che avevamo visto al cap. 1 viene duplicata. Questo processo è alla base di tutto il ciclo cellulare e porta alla formazione da un cromosoma singolo ad un cromosoma composto da due cromatidi fratelli.

La duplicazione del DNA o replicazione è il meccanismo molecolare attraverso cui viene prodotta una copia del DNA cellulare. Il meccanismo della replicazione è complesso e richiede l'intervento di numerosi enzimi e di proteine iniziatrici. Il processo di replicazione del DNA si definisce semiconservativo: il doppio filamento di DNA parentale funge da stampo per la sintesi di due filamenti figli complementari.

Gli enzimi sono i catalizzatori dei sistemi biologici. La stragrande maggioranza degli enzimi sono proteine (proteine enzimatiche) il cui compito è quello di accelerare la velocità di una reazione, in modo da facilitare le reazioni attraverso l'interazione tra il substrato (la molecola o le molecole che partecipano alla reazione) ed il proprio sito attivo (la parte di enzima in cui avvengono le reazioni), formando un complesso. Avvenuta la reazione, il prodotto viene allontanato dall'enzima, che rimane disponibile per iniziarne una nuova. L'enzima infatti non viene consumato durante la reazione.


La replicazione

Il principio su cui si basa la replicazione è il seguente. All'interno del cromosoma si individuano molteplici punti, in cui alcuni enzimi intervengono e srotolano piccole porzioni di DNA, in modo tale che il doppio filamento di DNA che prima era superavvolto nel cromosoma ora sporge verso l'esterno. A questo punto, un enzima (topoisomerasi) interviene a srotolare la doppia elica in modo da riportarla ad un doppio filamento parallelo. Interviene ora un enzima chiamato elicasi che stacca i due filamenti e si viene a formare quella che viene definita la bolla di replicazione. La replicazione del DNA inizia a livello di siti detti origini della replicazione e procede in entrambe le direzioni, producendo le "bolle" mostrate nell'immagine seguente. La replicazione continua finché tutte le bolle si fondono producendo due molecole figlie complete di DNA. Nella realtà le cose sono ancora più complesse perché i due filamenti parentali non vengono replicati allo stesso modo, dato che hanno due orientamenti differenti, ma preferisco non addentrarmi in questioni troppo tecniche. Il destino dei due nuovi filamenti di DNA neosintetizzati abbiamo già visto essere quello di andare a formare, durante la fase S dell'interfasi del ciclo cellulare, i due cromatidi fratelli, destinati poi durante la mitosi, ciascuno ad una nuova cellula figlia.

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La replicazione produce quindi due molecole di DNA figlie ognuna costituita da un filamento vecchio e un filamento nuovo, il filamento vecchio usato come stampo per la sintesi di quello nuovo. Nel corso della replicazione del DNA, la doppia elica si divide in due; le basi azotate di ciascuna metà consentono l'accoppiamento con la base corrispettiva (ved. par. 1.2), formando così il filamento mancante.

Gli enzimi che intervengono direttamente sul filamento, attaccando e verificando il corretto appaiamento delle nuove basi azotate, sono cinque, che per fortuna nostra si chiamano tutte Polimerasi e sono numerate in serie con le lettere dell'alfabeto greco. Avremo quindi la: DNA polimerasi α, β, γ, δ, ε.

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La successiva immagine e i due video vi forniscono un'idea di quanti enzimi partecipano contemporaneamente alla reazione di duplicazione e di quanto essa sia complessa. Quando parleremo delle mutazioni, avremo modo di vedere anche l'attività di controllo e di correzione di cui questi enzimi fortunatamente sono dotati, nel caso in cui durante la replicazione venisse inserita una base azotata sbagliata. Pensate che le polimerasi commettono un errore ogni 10.000 basi inserite! Se non fossero in grado di correggere i propri errori di replicazione ci sarebbe un accumulo incredibile di mutazioni! :shock:

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3. Meiosi, il processo base della riproduzione sessuata


3.1 Evoluzione delle piante

Esaminando la diversità delle piante moderne, bisogna considerare che il passato rappresenta la chiave di lettura del presente. In questo senso, la storia delle piante è strettamente correlata allo sviluppo di adattamenti ai diversi habitat terrestri. In base ai reperti fossili, si possono distinguere quattro periodi principali che hanno caratterizzato l'evoluzione delle piante attuali. Ciascuno di questi periodi è contraddistinto dall'evoluzione di particolari strutture, la cui comparsa ha permesso un progressivo adattamento alla vita terrestre. Nel corso della storia ogni gruppo di piante che si è man mano evoluto ha sviluppato metodi di riproduzione sempre più adatti e complessi, fino alla riproduzione sessuata, che è il solo metodo che descriveremo in dettaglio. In questo albero filogenetico, i rappresentanti attuali delle principali linee evolutive delle piante sono illustrati in alto.

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Il primo periodo evolutivo vide l'origine di piante da antenati acquatici, ossia dalle alghe verdi appartenenti al gruppo delle carofite. Il primo adattamento alla vita terrestre fu lo sviluppo di particolari strutture chiamate gametangi, destinate alla protezione dei gameti e dell'embrione in via di sviluppo. Ciò ha permesso ai vegetali noti come briofite (i muschi) di diversificarsi dalle prime vere piante. Anche il tessuto vascolare si è evoluto relativamente presto. Tuttavia la maggior parte delle briofite ne è privo e viene pertanto classificata tra le piante non vascolari.

Il secondo periodo importante nell'evoluzione delle piante fu caratterizzato dalla diversificazione delle piante vascolari (cioè provviste di tessuto specializzato per la conduzione dell'acqua e dei minerali). Le prime piante vascolari mancavano di semi e i loro rappresentanti attuali sono le felci e alcuni altri gruppi.

Il terzo periodo fondamentale iniziò con l'origine dei semi. La produzione di semi permise la colonizzazione di ampie regioni di terraferma, poiché consentì una maggiore protezione dell'embrione dall'essiccamento e da altri fattori ambientali avversi. Un seme è costituito dall'embrione racchiuso, insieme a sostanze di riserva, all'interno di un rivestimento protettivo. I semi delle prime piante a seme non erano tuttavia avvolti da ulteriori strutture specializzate. Si trattò di piante che dettero origine a molti gruppi di gimnosperme (dal greco gymnos = nudo, e sperma = seme). Attualmente le gimnosperme più diffuse e diversificate sono le conifere.

Il quarto periodo che caratterizzò la storia evolutiva delle piante fu l'origine delle piante a fiore, o angiosperme (dal greco angion = vaso, e sperma = seme). A differenza dei semi nudi delle gimnosperme, il fiore è una complessa struttura riproduttiva contenente semi all'interno di camere protettive, detti ovari. La grande maggioranza delle piante attuali sono angiosperme.



3.2 Le Angiosperme

Come si può vedere dall'immagine precedente, le angiosperme, ovvero le piante con fiori sono state le ultime a svilupparsi e a colonizzare il nostro pianeta. Esistono circa 250.000 specie di angiosperme rispetto alle 700 specie di conifere e di altre gimnosperme. Il successo evolutivo delle angiosperme è quindi evidente, e dovuto ad alcuni adattamenti unici di queste piante. Il perfezionamento del tessuto vascolare, ad esempio, ha permesso di aumentare l'efficacia del trasporto idrico dalle radici alle foglie. Tuttavia, l'adattamento alla vita terrestre che ha maggiormente contribuito al successo di questo gruppo è stato lo sviluppo del fiore.



3.3 - 3.4 Impollinazione e riproduzione delle orchidee

Per quanto riguarda la riproduzione sessuata e asessuata delle orchidee, la descrizione dell'apparato riproduttore (fiore, frutto e semi) e l'impollinazione si rimanda alle pagine 16-26 del libro Orchidee d'Italia, del G.I.R.O.S.

Per quanto riguarda l'impollinazione del genere Orchis, si ricorda questo precedente approfondimento: qui.



3.5 Meiosi

A questo punto è importante avere ben chiaro la differenza tra cromosomi omologhi, cromatidi fratelli e cos'è la diploidia:

Come abbiamo già visto i cromatidi fratelli si generano durante la mitosi, e sono i due "bastoncelli" di cui sono costituiti i cromosomi, si originano a seguito della duplicazione del DNA e pertanto contengono due molecole identiche di DNA.

I cromosomi omologhi sono invece le coppie di cromosomi uguali presenti in una cellula diploide (2n). Nelle cellule umane tutti i cromosomi sono presenti in doppio, i due cromosomi omologhi, ereditati uno dal padre e uno dalla madre.

Il fatto di avere due corredi cromosomici, uno proveniente da ciascuno dei due genitori, costituisce un fattore chiave del ciclo vitale di tutte le specie caratterizzate da riproduzione sessuata, uomo ed orchidee comprese. Nel ciclo vitale la deposizione di polline su un altro fiore permette ai granuli pollinici (gametofiti maschili) di unirsi alla cellula uovo presente nel sacco embrionale (gametofito femminile) all'interno dell'ovario. Tale processo noto come fecondzione dà origine alla formazione della cellula uovo fecondata diploide, o zigote. Lo zigote, possiede due corredi cromosomici omologhi, uno proveniente da ciascun genitore. Il ciclo vitale sessuato prevede l'alternanza tra stadi diploidi e aploidi, e la produzione dei gameti aploidi, grazie alla meiosi, evita che a ogni generazione il numero di cromosomi raddoppi. A ogni generazione, il raddoppio del numero cromosomico che si avrebbe in seguito alla fecondazione, viene precedentemente compensato dal suo dimezzamento durante la meiosi.

Es. Nella Orchis purpurea, il numero di cromosomi contenuti in una qualsiasi cellula della pianta diploide è 2n= 42, ad eccezione delle cellule destinate alla riproduzione (gametofiti maschili e femminali) che sono aploidi n= 21. In questo modo lo zigote che si forma dalla fecondazione (21 + 21) sarà nuovamente diploide e tutte le cellule della pianta che nascerà saranno diploidi (2n = 42). Se non avvenisse la meiosi, che dimezza il corredo genetico delle cellule destinate alla riproduzione la specie (gametofiti), ad ogni fecondazione la specie raddoppierebbe il corredo genetico (21 + 21... 42 + 42... 84 + 84...).

Vediamo ora un po' più nel dettaglio il processo della meiosi.



La meiosi, ovvero il processo che produce gameti aploidi a partire da cellule diploidi è, per certi versi, simile alla mitosi, ma caratterizzato da due aspetti peculiari:

Il primo riguarda il dimezzamento del numero cromosomico. Durante la meiosi, una cellula cha ha precedentemente duplicato la propria cromatina subisce due divisioni consecutive, definite rispettivamente meiosi 1 e meiosi 2. Poiché queste due divisioni sono precedute da una sola duplicazione del materiale genetico (ved. replicazione del DNA, par. 2.5) ognuna delle quattro cellule figlie prodotte possiede soltanto metà dei cromosomi della cellula originale, ovvero un unico corredo cromosomico aploide. In realtà, il numero di cromosomi è aploide già al termine della meiosi 1, ma a tale stadio ogni cromosoma è ancora costituito da due cromatidi fratelli.

Il secondo aspetto caratteristico della meiosi riguarda lo scambio di materiale genetico, ovvero di frammenti di cromosomi, tra i due cromosomi omologhi di ogni coppia. Tale scambio, definito come crossing over, ha luogo durante la profase della prima divisione meiotica, come vedremo a breve.


Si tenga ancora una volta ben presente la differenza tra cromosomi omologhi e cromatidi fratelli: i due cromosomi di una coppia di omologhi (2n) sono cromosomi interi ereditati da genitori differenti. I due cromosomi di una certa coppia (cromosomi omologhi) portano la medesima sequenza di geni responsabili delle stesse caratteristiche ereditarie.
Ad esempio, se un gene che influisce sul colore dei petali è situato in un determinato punto (locus; plurale loci) di un cromosoma, allora il cromosoma omologo possiede un gene simile per il colore dei petali nello stesso punto. Contrariamente a quanto avviene nel caso dei cromatidi fratelli, che sono effettivamente identici, in quanto derivati da duplicazione del DNA in interfase, i due loci corrispondenti sui due cromosomi omologhi possono costituire versioni leggermente differenti. (ad es. può esservi un gene per la formazione di petali rosa su un cromosoma e un gene per l'assenza di petali rosa nel medesimo locus sul cromosoma omologo; per stabilire quale prevarrà ne parleremo a proposito di dominanza e recessività dei caratteri genici).


Questo schema si riferisce ad una sola coppia di cromosomi omologhi.

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1) Ogni cromosoma si origina in seguito alla duplicazione della cromatina durante l'interfase che precede la meiosi.

2) La prima divisione, meiosi 1, porta alla segregazione dei due cromosomi della coppia di omologhi, distribuendoli a due cellule figlie distinte (aploidi).
In questa fase ogni cromosoma è ancora costituito da due cromatidi.

3) Durante la meiosi 2 i due cromatidi fratelli si separano e ciascuna delle quattro cellule figlie è aploide e contiene un singolo cromosoma della coppia di omologhi.




3.6 L'origine della variabilità genetica

Come abbiamo già detto, lo zigote che deriva dalla riproduzione sessuata risulta diverso geneticamente dalle due piante genitrici che l'hanno generato. In seguito vedremo che proprio tale variabilità genetica costituisce il materiale su cui agisce la selezione naturale. Per il momento vedremo invece in che modo si origina la variabilità genetica attraverso la meiosi e la fecondazione.


Assortimento indipendente dei cromosomi

Nella seguente figura viene illustrato uno dei modi in cui la meiosi contribuisce alla variabilità genetica. La figura mostra come la disposizione delle coppie di cromosomi omologhi durante la metafase 1 della meiosi influisce sui gametofiti prodotti. Anche in questo caso l'esempio di riferisce ad un organismo diploide provvisto di quattro cromosomi omologhi (2 coppie), dove i colori rosso e blu servono per evidenziare i cromosomi omologhi. Questi colori sottolineano il fatto che i cromosomi omologhi differiscono geneticamente, sebbene quando osservati al microscopio ottico essi morfologicamente si somiglino notevolmente. Ad esempio, il cromosoma 3 ereditato da una delle piante genitrici porta indubbiamente molti geni, leggermente differenti da quelli situati sul cromosoma 3, ereditato dall'altra pianta genitrice.

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L'orientamento delle varie coppie di omologhi (ogni coppia di omologhi viene anche definita tetrade, in quanto formata da quattro cromatidi, due appartenenti a un omologo e due all'altro) durante la metafase 1 risulta del tutto casuale e pertanto nel nostro esempio esistono due possibili modi di allineamento dei cromosomi durante la metafasi 1. Nel primo caso, le tetradi sono orientate con entrambi i cromosomi rossi su un lato. In questo caso, ognuno dei quattro gameti prodotti alla fine della meiosi 2 possiede soltanto cromosomi rossi o soltanto cromosomi blu (combinazioni 1 e 2). Nel secondo caso le tetradi sono orientate diversamente e ciò porta alla produzione di gameti contenenti un cromosoma rosso e uno blu. Inoltre, metà dei gameti possiede un grande cromosoma blu e un piccolo cromosoma rosso (combinazione 3), mentre l'altra metà possiede un grande cromosoma rosso e un piccolo cromosoma blu (combinazione 4).

Risulta pertanto evidente che in questo esempio i gameti prodotti possono avere quattro possibili combinazioni cromosomiche e l'organismo produrrà infatti gameti dei quattro diversi tipi. Questa varietà nei gameti si origina poiché durante la metafase 1 ogni coppia di cromosomi omologhi si orienta indipendentemente dall'altra coppia di omologhi. In una specie provvista di un maggiore numero di coppie cromosomiche, come ad esempio un'orchidea, ogni coppia di cromosomi si orienta indipendentemente dalle altre durante la metafase 1. In ogni specie, il numero totale di combinazioni cromosomiche possibili è 2n, dove n corrisponde al numero aploide. Per quanto riguarda l'organismo a cui fa riferimento la figura, n=2, cossichè il numero di combinazioni cromosomiche è 22 = 4. Nella nostra specie (n=23) ci sono 223, ovvero circa 8 milioni di possibili combinazioni cromosomiche! Ciò significa che ogni gamete prodotto contiene una fra circa 8 milioni di possibili combinazioni di cromosomi materni e paterni.



Fecondazione casuale

Quante sono le possibilità che un certo gamete di un individuo si unisca proprio con un determinato gamete di un altro individuo durante la fecondazione? Nella nostra specie, una cellula uovo, che contiene una fra circa 8 milioni di possibili combinazioni cromosomiche, viene fecondata a caso da uno degli spermatozoi che contiene una di circa 8 milioni di altre possibili combinazioni cromosomiche. E lo stesso vale per i gametofiti delle orchidee. Moltiplicando 8 milioni per 8 milioni, ne deriva che un uomo e una donna possono produrre uno zigote diploide provvisto di una fra 64.000 miliardi di possibili combinazioni cromosomiche! Se riprendiamo l'esempio della Orchis purpurea (2n= 42; n= 21) ecco che il gametofita prodotto contiene una fra circa 2 milioni di possibili combinazioni di cromosomi delle due piante parentali (ovviamente tutto questo discorso vale solo nel caso della impollinazione incrociata tra due piante; nel caso di autoimpollinazione o geitonogamia il discorso varia!) e la futura pianta nascitura sarà una fra 4.400 miliardi di possibili combinazioni! E' dunque evidente che la modalità casuale della fecondazione incrociata aggiunge una quantità enorme di potenziale variabilità agli esemplari prodotti in seguito alla riproduzione sessuata. Questi numeri estremamente alti suggeriscono che l'orientamento indipendente dei cromosomi durante la metafase 1 e la fecondazione casuale potrebbero da soli essere responsabili di tutta la variabilità che si può osservare tra gli esemplari di una stessa specie. In realtà, questi due fattori costituiscono soltanto una parte del quadro.



Crossing over

Finora è stata descritta la variabità genetica dei gameti e dello zigote a livello di interi cromosomi, ma abbiamo tralasciato un importante fenomeno, chiamato crossing over, ovvero lo scambio di frammenti cromosomici corrispondenti tra due cromosomi omologhi. Tale processo si verifica durante la profase 1 della meiosi. Nella figura è illustrato il crossing over tra due cromosomi omologhi e la successiva formazione dei gameti. Al momento dello scambio di materiale genetico, i cromosomi omologhi sono strettamente accostati lungo il loro asse maggiore secondo un preciso allineamento gene-gene. Al microscopio ottico i siti di crossing over sono visibili sotto forma di regioni a ×, definite chiasmi (dal greco "incrocio"). In corrispondenza dei chiasmi i cromosomi omologhi rimangono uniti fino all'anafase 1.

ImmagineImmagine


Lo scambio di segmenti tra cromosomi omologhi (non tra cromatidi fratelli di uno stesso cromosoma in quanto geneticamente identici) aumenta la variabilità genetica che dervia dall'orientamento indipendente delle coppie di cromosomi durante la metafase 1. In assenza di crossing over, nell'esempio riportato nella figura, si arriverebbe alla produzione di due soli tipi di gameti, ovvero si avrebbero soltanto cromosomi parentali rossi o blu (come avevamo visto nell'immagine dell'Assortimento indipendente dei cromosomi). Il fenomeno dei crossing over permette la produzione di gameti provvisti di cromosomi in parte rossi e in parte blu. Questi cromosomi vengono definiti "ricombinanti", poiché essi derivano dalla ricombinazione genetica, ovvero dalla produzione di combinazioni geniche diverse da quelle presenti nei cromosomi parentali. Dal momento che la maggior parte dei cromosomi contiene migliaia di geni, un singolo evento di crossing over può coinvolgere molti geni. Se si considera inoltre che in ogni tetrade possono verificarsi contemporaneamente numerosi crossing over, non sorprende che i gameti e la prole mostrino di regola una notevole variabilità.

Finora sono state esaminate tre fonti di variabilità genetica negli organismi a riproduzione sessuata: Crossing over durante la profase 1 della meiosi, Orientamento indipendente delle coppie cromosomiche durante la metafase 1 e la fecondazione casuale. In seguito vedremo una ulteriore fonte di variabilità genetica, legata alla genetica molecolare, ovvero le mutazioni, che costituiscono un evento piuttosto raro e che generano cambiamenti nel DNA dei geni. Le diverse versioni geniche che si trovano sui cromosomi omologhi si sono inizialmente originate proprio grazie a eventi mutazionali e, in ultima analisi, le mutazioni sono responsabili della diversità genetica che caratterizza gli organismi viventi.


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4. Dai geni alle proteine

Finora abbaiamo parlato di come è fatto il DNA, di quali composti biochimici è costituito e quali processi e molecole intervengono per la sua duplicazione (replicazione). Concretamente però non abbiamo ancora detto a cosa serve. Il DNA contiene tutte le informazioni genetiche di una specie, tutte le istruzioni per far si che un organismo possa svilupparsi, e che ogni singola sua cellula possa funzionare in modo perfetto e adeguato. Questo manuale di istruzioni abbiamo visto che è codificato da un alfabeto di sole quattro lettere (A, T, C, G... Adenina, Timina, Citosina e Guanina) che a seconda del loro ordine formano parole lunghissime che la cellula deve leggere ed interpretare, per capire cosa deve fare e come deve comportarsi!


4.1 L'mRNA e la trascrizione del DNA

Il DNA all'interno della cellula serve per codificare e produrre tutte le altre molecole indispensabili alla vita cellulare. Dobbiamo solo aggiungere alle quattro lettere appena viste, una quinta lettera, la U di Uracile, che andiamo a sostituire alla T, timina. Avremo quindi un alfabeto fatto sempre di quattro lettere (A, U, C, G... Adenina, Uracile, Citosina e Guanina) che ci serviranno per costruire, per trascrivere la molecola di DNA in una molecola di RNA messaggero (mRNA) ovvero una catena di nucleotidi molto simile a quella del DNA, a singolo filamento. L'mRNA è in parole povere una copia del DNA, che può uscire dal nucleo della cellula, e anziché essere in duplice filamento è formato da un filamento singolo. Le due differenze principali sono come appena detto la sostituzione della Timina con l'Uracile e la sostituzione dello zucchero. L'RNA utilizza il ribosio invece del desossiribosio, per formare lo scheletro della catena. La sigla RNA sta infatti per acido ribonucleico (mentre DNA, acido desossiribonucleico) ovvero la differenza è di un "ossi", un gruppo ossidrilico (-OH) in più o in meno in posizione 2'.

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__________ RNA _____________________ DNA



Come il genotipo a DNA di un organismo ne determina il fenotipo!



4.2 L'rRNA e la traduzione del DNA


4.3 Codice genetico


4.4 Amminoacidi e proteine


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