Intervengo io perché Luciano ha al momento problemi di salute, che lo tengono lontano dalle Epipactis. Innanzitutto, su Epipactis hyblaea abbiamo ritenuto necessario approfondire le osservazioni e quindi, sul prossimo numero della Rivista, vi sarà un articolo al riguardo. Delle tre nuove specie di Epipactis determinate dai colleghi tedeschi qualcosa possiamo anche dire, sempre però sullo stile delle chiacchiere informali scambiate tra amici. Vorrei inoltre ricordare che vi è una quinta specie nuova, determinata lo scorso anno in Sicilia, Epipactis cupaniana, che stiamo cercando di inquadrare e che sarà presente, come scheda, nel prossimo libro del Giros. Epipactis etrusca riguarda una pianta che tutti già conosciamo, essendo stata a lungo la cosiddetta E. pontica dell’Amiata. Sarà il caso di fare un po’ di storia per capirci qualcosa. Quando furono trovate queste abbondanti popolazioni dell’Amiata, nessuno in Italia aveva avuto possibilità di osservare le stazioni del locus classicus in Turchia. E non si trattava solo del problema di un lungo viaggio, poiché uno studioso tedesco di Orchidee in Turchia era stato ucciso. Per le popolazioni dell’Amiata fu giocoforza affidarsi al giudizio di chi aveva visto le popolazioni originali. Questo esperto sempre tedesco e nostro socio non ebbe dubbi nel suo giudizio: le popolazioni toscane si ritrovavano tranquillamente nella variabilità di E. pontica del locus classicus. Quindi le stazioni dell’Amiata divennero ufficialmente pontica per molti anni. Quando, parecchi anni fa, andai a vedere per la prima volta le piante dell’Amiata non avevo mai visto una pontica, quindi mi documentai prima fotograficamente. All’arrivo sbagliammo zona, ma cercando trovammo delle piante che classificai con soddisfazione, dall’alto della mia ignoranza, come ibridi E. helleborine × E. pontica. Solo che poi, finiti nelle zone classiche, le piante continuavano ad essere tutte uguali, quindi mestamente capii che quella era la pontica dell’Amiata e non un ibrido. Però in tutti noi il dubbio iniziò a farsi strada, perché le E. pontica documentate in giro non erano sovrapponibili alle piante toscane. Finalmente nell’agosto del 2009 potemmo vedere una bella popolazione in fiore di E. pontica in regione moldavica nella Repubblica Ceca. Capimmo subito che le differenze morfologiche rispetto all’Amiata erano considerevoli, quindi riportammo in Italia la convinzione che in Toscana non vi fosse una E. pontica tipica. Ne parlammo subito con tutti, sia in relazione al libro del Giros, appena uscito, sia in particolare con gli amici toscani, visto che le piante erano a casa loro. Noi non abbiamo fatto alcun passo al riguardo per un motivo molto semplice: finché non avessimo avuto occasione di visitare il locus classicus, ipotesi al momento remota, non avremmo mai avuto alcuna possibilità di confutare la valutazione iniziale dell’amico tedesco, che le piante del locus classicus le aveva viste, ed aveva ritenuto le popolazioni dell’Amiata conformi a quel modello. Lo stesso è accaduto per flaminia-greuteri, nonostante avessimo una quasi certezza, solo quando Luciano ha visitato il locus classicus in Grecia ci siamo permessi di dire qualcosa. Passiamo a E. sanguinea. Qui onestamente il cuore un po’ sanguina davvero perché anche il nostro gruppo aveva già pronto il protologo per questa specie (si sarebbe chiamata Epipactis carthusiana), anche se l’avevamo inquadrata in modo un po’ diverso rispetto agli amici d’oltralpe. Del resto arrivare tardi fa parte del gioco e noi non abbandoniamo mai la nostra regola di studiare per quattro anni una specie prima di determinarla. Ci resta comunque il vantaggio di possedere su queste piante una documentazione davvero ricca. Inutile dire che consideriamo buona la specie, anche se abbiamo idee diverse rispetto all’inquadramento della sua variabilità. Infine E. calabrica: qui la prudenza è d’obbligo, bisogna vedere le cose sul posto. Dalle foto del protologo noi abbiamo avuto da subito un’impressione forte, che però potrebbe anche non rivelarsi esatta. In Calabria Epipactis robatschiana è una ben strana pianta che ci dà dei problemi: morfologicamente rientra perfettamente, tranne il colore, nella variabilità di E. placentina. Però, dove esiste fa una cosa che placentina non fa mai: si intrufola in ibridazione con un sacco di specie, lasciando sempre un marchio morfologico forte e inconfondibile. Anche con E. carthusiana, scusate sanguinea, abbiamo osservato bene queste cose. Ebbene in E. calabrica, a colpo d’occhio a noi pare di vedere uno di questi marchi di fabbrica di E. robatschiana. Quindi potrebbe trattarsi di una delle tante popolazioni ibridogene che E. robatschana ha seminato in giro per la Calabria. Ma è solo un’ipotesi e una possibilità, vedremo nei prossimi anni a quali conclusioni porterà un’osservazione diretta delle popolazioni. Ciao Riccardo
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