G.I.R.O.S. - Gruppo Italiano per la Ricerca sulle Orchidee Spontanee

Solo il fiore che lasci sulla pianta è tuo. (Aldo Capitini)
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MessaggioInviato: 1 novembre 2011, 17:56 
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Viste attraverso i vostri scatti le orchidee sembrano addirittura più belle! :D

Spero troverete un po' di tempo da dedicarci, per spiegarci quali strumenti e tecniche utilizzate!

Complimenti a tutti! ...spero un giorno di imparare a fare foto come le vostre! :)




Foto di Orchidee spontanee di...


Marco Colombo (LINK),

Matteo Di Nicola (LINK),

Alessandro Spiga (LINK),

Matteo Perilli (LINK),

Pier Luigi Pacetti (LINK),

Ciro Amata (LINK),

Michela Cherubini (LINK),

Vittorio Saporiti (LINK),

Stefano Faggioli (LINK),

Antonino La Spina (LINK),

Roberto Cobianchi (LINK),

Giovanni Paulis (LINK e LINK),

Juza Photo (LINK e LINK),

Giulio Ielardi (LINK),

Alessandra e Rocco Marciano (LINK),

Fabio Corona (LINK)
Alessio Di Leo (LINK),

Simone Gaina (LINK),

Giacopiane Photo (LINK),

Flavio Lo Scalzo (LINK),

Marco Bertolini (LINK),

Marco Porciani (LINK),

Claudio Pia (LINK),

Fabio Pupin (LINK),

Giacomo Radi (LINK),

Fabiano Sodi (LINK),

Riccardo Rimondi (LINK e LINK),

Stefano Mazzei (LINK),

Emanuele Gransinigh (LINK),

Alessandro Landi (LINK)

Riccardo Missagia (LINK).








! Spero mi perdoneranno coloro i quali non troveranno il proprio nome in questo elenco, che è stato redatto girando a caso tra le pagine online. Chi desiderasse presentare le proprio foto in questo spazio, non deve far altro che contattarmi tramite un messaggio privato mandandomi il link delle foto e provvederò ad aggiungerlo. :)



Ciao!

Luca


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MessaggioInviato: 9 novembre 2011, 23:13 
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Le Orchidee sono in fondo come le modelle, sicuramente bellissime di natura, ma anche loro, se riprese con una compattina dal fotografo della domenica, risulterebbero meno affascinanti che sulle riviste patinate ad opera di professionisti capaci. Quindi Luca hai fatto bene a proporre links di bravi fotografi naturalisti, perché capire ciò che si può fare ci permetterà poi di rendere più onore ai nostri amati fiori.
Per arrivare a questi risultati occorre una tecnica esoterica e difficile? In realtà le regole da seguire non sono tante e nemmeno particolarmente complesse, semmai chi ne risentirà di più alla fine sarà solo la leggerezza della nostra attrezzatura.
Preambolo indispensabile: la tecnica permette di ottenere belle foto oneste, il gradino superiore, quello dell’arte, chi ce l’ha ce l’ha, e questo vale nella fotografia come in qualunque altra forma espressiva. Per me comunque già poter arrivare a una foto onesta è motivo di grande soddisfazione, e l’augurio è che altri possano trarre piacere dal raggiungimento di questo risultato.
La prima regola in fotografia, sia che riprendiamo un fiore, il cagnolino o la nostra bella, è evitare la luce diretta e violenta (in gergo luce dura). Un soggetto esposto alla luce diretta del sole o di un faro potente si ritrova parti luminosissime ed altre, in ombra, molto scure. Ora la macchina fotografica, sia a pellicola, sia digitale, ha la capacità di riprendere un numero limitato di tonalità prima di passare al bianco puro o al nero puro. Se il nostro soggetto avrà zone troppo luminose accanto a zone troppo scure la nostra fotografia rischierà di avere aree bruciate, con bianco puro senza dettaglio, ed aree nere anch’esse povere di informazione. E comunque anche sovresporre o sottoesporre porterà a penalizzare uno dei due limiti della ripresa. Inoltre una luce diretta desatura i colori, li rende sbiaditi. Guardiamo le modelle sulle riviste, sono sempre avvolte da luci soffuse, non capita mai di vedere l’ombra del naso che annerisce mezza guancia. Riserviamo ai fiori la stessa cura, fotografiamoli in ombra: l’ideale sarebbe il cielo nuvoloso, che costituisce un naturale e stupendo diffusore della luce.
Ma poiché la nuvola perseguitava il povero Fantozzi, ma non sempre si trova invece alleata con il fotografo, bisogna prevedere o un ombrello bianco, tipo studio di posa, o un pannello diffusore più o meno artigianale, che ci permetta di ottenere artificialmente la messa in ombra del soggetto. Questa è la prima regola assoluta, ostinarsi a fotografare i fiori in sole comporta inevitabilmente contrasti eccessivi, con conseguenze nefaste. Osserviamo nei vari siti dei bravi fotografi quanti scatti in pieno sole possiamo contare!
C’è poi il problema di quale tipologia di macchina digitale utilizzare (oggi come oggi si deve per forza parlare di questo). Le compatte e le bridges sono comode, pratiche, economiche e attualmente fanno davvero miracoli, però se si vuole la qualità elevata dell’immagine e la capacità di isolare il soggetto dallo sfondo è indispensabile usare macchine che offrano sensori larghi.
Per intenderci compatte e bridges offrono oggi sensori che, in centimetri quadri, vanno da 0,23 a 0,43. Un sensore APS-C di reflex è invece sui 3,5 , un full frame 8,64. Sono differenze abissali, ovviamente concentrare milioni di pixels in dimensioni ridotte come nelle compatte significa condannarli a scarsa sensibilità alla luce, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Inoltre un sensore piccolo ha una grande profondità di campo, cioè mette a fuoco per uno spazio di profondità rilevante. Apparentemente parrebbe un vantaggio, però in conseguenza di questo lo sfondo raramente può essere sfocato, per far risaltare il soggetto, come nelle foto che abbiamo ammirato nei vari links.
Quindi, se si vogliono ottenere immagini di quel tipo obbligatorio l’uso di macchine con sensore largo.
Poi, nell’operatività, esistono tre regole assolute, che devono diventare una seconda natura: uso del cavalletto, scatto remoto (la macchina non va toccata) e alzo preventivo dello specchio nelle reflex.
Tutto questo per ottenere un unico risultato fondamentale, impedire ogni pur piccolo movimento del complesso macchina fotografica-ottica. Infatti il micromosso è una delle insidie peggiori in macrofotografia. In genere tutte le macchine hanno un attacco per il cavalletto e qualche possibilità di scatto remoto, senza toccare il pulsante. Non tutte le reflex invece hanno la possibilità di alzare lo specchio e solo in un secondo tempo far scattare l’otturatore. Quindi, al momento dell’acquisto, controllare che esista questa prerogativa. Ricordiamo che, con tempi sotto 1/60 fino a oltre un secondo scattare una foto ferma con una reflex, anche saldamente fissata al cavalletto, senza prima alzare lo specchio è assolutamente impossibile, quindi non sottovalutiamo la cosa.
Passiamo alle ottiche. Foto come quelle viste nei links proposte sono enormemente facilitate da focali lunghe. In genere si va da 150mm a 300 mm. Con focali più corte è possibile ottenere foto del genere, ma occorre che gli elementi di disturbo dello sfondo siano parecchio lontani dal fiore e in natura questo accade molto raramente. Inoltre con una focale lunga è possibile, entro certi limiti, chiudere il diaframma per aumentare la profondità di campo sul soggetto, senza per questo riportare in evidenza lo sfondo.
Infine l’uso di fonti artificiali di luce: in questo tipo di fotografia i flash si utilizzano abbastanza spesso, ma in genere posti esterni alla macchina e con una luce solo di riempimento. In poche parole la luce di base è sempre quella naturale, i flash aggiungono solo quel poco che occorra per aumentare un po’ il contrasto o compensare eventuali ombre eccessive. Allo stesso scopo alcuni usano invece luci continue (led) oppure spesso pannelli riflettenti, che indirizzano piccole quantità di luce naturale ravvivante dove interessi al fotografo.
Queste, in estrema sintesi, sono le basi tecniche per arrivare a ottenere buone macrofotografie in natura. Vi è poi una tecnica, che io chiamo di documentazione, con utilizzo di flash anulare come luce fondamentale e in genere senza uso di cavalletto, ma siamo in tutt’altra tipologia di foto, anche se comunque importante per noi orchidofili.
Vi sono infine tanti altri particolari di attrezzatura e accorgimenti pratici, che aiutano a migliorare le proprie immagini, ma qui ritengo dipenda dall’interesse che questi argomenti possano incontrare presso gli amici, che frequentano il Forum. Da parte mia sempre disponibile ad ampliare il discorso. Ciao Riccardo.
Di seguito metto qualche immagine ottenuta seguendo le modalità di cui sopra.


Allegati:
O insectifera.jpg
O insectifera.jpg [ 142.11 KiB | Osservato 18284 volte ]
C rubra.jpg
C rubra.jpg [ 144.34 KiB | Osservato 18284 volte ]
O purpurea.jpg
O purpurea.jpg [ 140.77 KiB | Osservato 18284 volte ]
Spiranthes 2.jpg
Spiranthes 2.jpg [ 154.65 KiB | Osservato 18284 volte ]
Spiranthes 1.jpg
Spiranthes 1.jpg [ 135.53 KiB | Osservato 18284 volte ]
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MessaggioInviato: 10 novembre 2011, 9:30 
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ricki51 ha scritto:
Poi, nell’operatività, esistono tre regole assolute, che devono diventare una seconda natura: uso del cavalletto, scatto remoto (la macchina non va toccata) e alzo preventivo dello specchio nelle reflex.
[...] Ricordiamo che, con tempi sotto 1/60 fino a oltre un secondo scattare una foto ferma con una reflex, anche saldamente fissata al cavalletto, senza prima alzare lo specchio è assolutamente impossibile, quindi non sottovalutiamo la cosa.


Caro Riccardo,
ti ringrazio per questo contributo così interessante e dettagliato! Innanzitutto complimenti per le bellissime foto che ci hai allegato!
Dato però che le mie conoscenze in fatto di fotografia sono prossime alla grave insufficienza, riesco a seguirti quando parli di cavalletto
e scatto remoto, ma che cos'è lo specchio della reflex? e perché va aperto preventivamente? Infine spenderesti qualche parola anche
sui tempi di scatto (esposizione?).... si intende il tempo di apertura del diaframma? e in che modo questi influiscono sulla foto? :oops:
Grazie infinite! :)

Ciao!
Luca


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MessaggioInviato: 10 novembre 2011, 23:54 
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Le reflex si caratterizzano per mostrare nel mirino ottico (dove tu guardi l’inquadratura) l’immagine che passa attraverso l’obiettivo. Sicuramente un ottimo sistema, perché così vedi esattamente ciò che finirà poi sul sensore. Per permetterti questa visione diretta attraverso l’obiettivo, davanti al sensore, nelle reflex, è posto uno specchio angolato, che cattura l’immagine e la riflette su un pentaprisma che, con un gioco di rimbalzi, ti permette di vedere direttamente ciò che la lente inquadra. Quindi, finché tu vedi l’immagine nel mirino non puoi scattare la foto, perché il sensore, anche con l’otturatore aperto, sarebbe completamente oscurato dallo specchio.
Ecco quindi che, quando tu scatti la foto, la reflex innanzitutto solleva in alto lo specchio, liberando così la visuale al sensore, quindi apre la tendina dell’otturatore per il tempo che tu oppure l’automatismo ha deciso, quindi chiude l’otturatore e di nuovo abbassa lo specchio. Il classico rumore di scatto delle reflex è dato da questa serie di operazioni in rapidissima successione.
In pratica quindi, finché lo specchio è giù tu vedi in mirino, ma non puoi impressionare il sensore. Quando invece lo specchio è alzato al sensore arriva la luce, ma tu hai la visione oscurata in mirino.
Lo specchio e i suoi meccanismi possiedono una discreta massa che, nello scatto di sollevamento, producono vibrazioni nel complesso macchina-ottica: se il tempo di scatto è breve, da 1/60 in su oppure molto lungo nell’ordine dei due e più secondi, l’influenza sulla foto di queste vibrazioni è trascurabile. Ma nell’intervallo tra circa 1/60 di secondo fin un po’ oltre il secondo stesso, la foto apparirà mossa e confusa (micromosso) per via di queste vibrazioni. Ecco allora che in macrofotografia, ma anche nelle foto di paesaggio ad esempio, occorre scindere l’automatismo sollevamento dello specchio-scatto dell’otturatore: a un primo comando si alza lo specchio, si lascia trascorre uno o due secondi affinché le vibrazioni si smorzino, quindi con un secondo comando si determina lo scatto dell’otturatore (qui avviene la foto) e quindi il riabbassamento dello specchio.
In realtà in macrofotografia impiegando una reflex, con qualunque tempo di scatto si pratica sempre, per sicurezza, l’alzo preventivo dello specchio, diventa praticamente un’abitudine ineliminabile. Per intenderci però questa prassi ovviamente non esiste con macchine fotografiche, che utilizzino altri sistemi. Per esempio le compatte non hanno specchio, mostrano in monitor ciò che vede la lente e il mirino, quando c’è, ha una visione diretta passante, con ovvi errori di parallasse.
Poi vi sono oggi macchine ad ottica intercambiabile senza specchio (mirrorless), che inquadrano in monitor come le compatte e il mirino, quando esista, vede attraverso la lente ma è elettronico come il viewfinder delle telecamere e non ottico.
Comunque è chiaro, nelle macchine con specchio (reflex), vi è un problema rilevante di vibrazioni, che si elimina alzando prima lo specchio e solo dopo qualche tempo azionando lo scatto dell’otturatore.
Per tempi e diaframmi andiamo invece alle radici essenziali della fotografia.
Oggi infatti esistono macchine sofisticatissime però, sintetizzando, ancora come un tempo il fotografo ha a disposizione solo tre elementi da giostrare, per ottenere i risultati desiderati.
Essi sono i tempi di scatto dell’otturatore (determinano per quanto tempo il sensore riceve luce, quindi tempo breve riceve meno luce, tempo lungo più luce), il diaframma che apre o stringe lo spazio di ingresso della luce, facendone passare molta se aperto e sempre meno man mano che si chiude, ed infine gli ISO, cioè la sensibilità alla luce del sensore: ISO bassi (100- 200) richiedono più luce, ma offrono migliore qualità di immagine, ISO alti (800 fino a 6400 e anche oltre) permettono di scattare la foto con minore quantità di luce, ma la qualità dell’immagine peggiora progressivamente. Tempi-diaframmi-ISO sono come tre rubinetti, di cui possiamo variare l’erogazione, ma alla fine la quantità di acqua (Luce) deve essere sempre quella per avere una esposizione corretta. Giocare con tempi e diaframmi (e in modo minore anche con gli ISO) permette di ottenere risultati diversi, in relazione alle nostre necessità. Certo, posta una certa luce e un valore ISO, il rapporto diaframma - tempo è inesorabilmente legato: se aumentiamo la velocità dobbiamo aprire il diaframma, se la caliamo lo dobbiamo stringere.
Nelle reflex e anche nelle compatte più avanzate oltre al “manuale” in cui il fotografo sceglie sia tempo che diaframma, esistono programmi in cui tu scegli il tempo e la macchina imposta automaticamente il diaframma opportuno per una corretta esposizione, oppure tu scegli il diaframma e la macchina imposta di suo il tempo giusto. In genere si utilizza quasi sempre questa soluzione, perché in ogni foto e particolarmente nella macro, il valore di diaframma influenza la profondità di campo, che è fondamentale per ottenere taluni risultati che interessano il fotografo.
Un diaframma aperto (largo e che quindi fa passare molta luce e richiede tempi più brevi) determina poca profondità di campo. Quindi il soggetto è a fuoco per una profondità spaziale molto modesta, più in qua e più in là l’immagine sfoca moto rapidamente. Un diaframma stretto mette a fuoco uno spazio di profondità maggiore, ma richiede tempi più lenti per una corretta esposizione dell’immagine. Possiamo considerare 2,8-5,6 diaframmi molto aperti. Poi fino a 11 diaframmi medi, che in genere offrono le migliori performance di nitidezza della lente, infine oltre si parla di diaframmi stretti. Ricordiamo, perché è importante, che diaframmi molto stretti, possiamo dire oltre 16, determinano progressivamente il fenomeno della diffrazione ottica, problema fisico ineliminabile, che tende a rendere i particolari poco nitidi. Quindi stringere molto il diaframma favorisce un innalzamento della profondità di campo (così cara a chi fa macro) ma nel contempo ti frega nitidezza da un’altra parte. Quindi come il solito si tratta di decidere ogni volta ciò che convenga maggiormente.
Spero di essere stato chiaro. Se alcuni punti sono oscuri chiedete pure, perché la necessità di sintesi può farmi ritenere scontati particolari che magari invece non lo sono affatto.
Ciao Riccardo


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MessaggioInviato: 11 novembre 2011, 8:39 
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Bravo Riccardo, già il primo intervento spiegava tutto, con il secondo ti sei superato, hai proprio detto tutto quello che serve per fotografare, giusto farti delle domande, che cosa intendi per riprese con una compattina dal fotografo della domenica Ti puoi spiegare meglio, altrimenti rischi di vanificare tutte le nozioni che hai illustrato
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apicolo ha scritto:
Bravo Riccardo, già il primo intervento spiegava tutto, con il secondo ti sei superato, hai proprio detto tutto quello che serve per fotografare, giusto farti delle domande, che cosa intendi per riprese con una compattina dal fotografo della domenica Ti puoi spiegare meglio, altrimenti rischi di vanificare tutte le nozioni che hai illustrato
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Secondo me la frase va letta in maniera completa:
"se riprese con una compattina dal fotografo della domenica, risulterebbero meno affascinanti che sulle riviste patinate ad opera di professionisti capaci."
Giusto quello che dice Riccardo. ;)
A mio avviso, Riccardo (che lo prego di smentirmi se ho sbagliato ad interpretare), vuole dire che uno stesso soggetto, se fotografato con una compatta da una persona che ama fotografare, ma che non dispone di nozioni di tecnica fotografica o che pur conoscendole, si trova impossibilitato ad applicarle, visto che le compatte non permettono molte delle impostazioni manuali indispensabili ad eseguirle.......il risultato finale, non potrà, anzi non può essere paragonato allo scatto effettuato da un "buon fotografo" (anche non professionista) che sarà in grado di applicare e mettere in pratica le tecniche fotografiche indispensabili a riprendere al meglio il soggetto fotografato. Ovviamente il "buon fotografo" dovrà essere supportato da una attrezzatura idonea a far si che la resa delle tecniche utilizzate sia la migliore possibile.
Tutto ciò, secondo il mio modesto parere, può considerarsi valido però, solo per alcuni tipi di fotografia (Macrofotografia in testa) che richiedono macchine ed obiettivi di qualità per essere definite come tali.
Per altre situazioni fotografiche, invece, penso che il discorso non valga. Ad esempio, se uno riesce a fare uno scatto di una situazione o di un evento unico o di una particolare espressione di un volto o di altre situazioni simili, allora il divario compatta/reflex, si riduce sensibilmente.
Non credo che Riccardo volesse "sminuire" il valore di una foto scattata "con una compattina dal fotografo della domenica", ma semplicemente voleva dire che se la stessa foto venisse scattata con gli accorgimenti che ha splendidamente descritto e con una buona reflex, i risultati sarebbero senza dubbio migliori! :)
Io personalmente, quando vado in giro (ormai poco) a fotografare insetti, orchidee, piante......non ho molto tempo per fermarmi a preparare un buon set fotografico e quindi preferisco mettere il twin light e scattare "al volo" a priorità di diaframmi, ma sono certo che se invece di 100 foto, ne scattassi 5 con tutte le accortezze e le preparazioni suggerite da Riccardo, quelle 5 sarebbero senza alcun dubbio migliori di tutte le altre 100!
Un abbraccio!!!!!!!


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MessaggioInviato: 11 novembre 2011, 20:42 
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Ti ringrazio Riccardo per questa lezione di fotografia.... ho riletto varie volte quanto hai scritto, non perché non fosse chiaro, ma perché da ignorante in materia avevo bisogno di assimilare bene le informazioni fornite! Avrei un'altra domanda ma non vorrei abusare troppo della tua disponibilità. In questo discorso di equilibri tra velocità di scatto, apertura del diaframma e sensibilità ISO, vorrei capire qualcosa in più anche sugli obiettivi.

Sta sera sono andato a cercare la vecchia reflex dei miei... una Fujica ST605N... per cercare di chiarirmi un pochino le idee. Credo di aver capito alcune cose, ma al contempo mi sono sorti anche altri dubbi! Sul corpo macchina c'è la regolazione dell'otturatore (che su questa macchina dovrebbe essere "a tendina a scorrimento orizzontale") con tempi da 1/2'' a 1/700''. E fin qua ci sono: più la velocità di apertura è elevata, minore sarà la luce che entra, per cui dovrò aprire di più il diaframma, e viceversa.
Alla velocità 1/60'' c'è una × rossa.. cercando sulle istruzioni dice: Sincro lampo ×, contatto lampo diretto: sapete dirmi di cosa si tratta?
Veniamo ora al diaframma, se ho capito bene l'apertura del diaframma si regola direttamente dal primo anello dell'obiettivo.. è corretto? forse è una domanda stupida, ma vale per tutte le macchine e obiettivi? In questo caso l'apertura del diaframma va da 2.2 a 16. Poi c'è un secondo anello, con la messa a fuoco, dove riporta delle distanze in metri da 0,6 a 10 metri e infinito. Ora, su una scheda tecnica online ho trovato scritto che si tratta dell'obiettivo 55/2.2 ... cioè se ho ben capito riporta la lunghezza focale (55 mm) e la minima apertura del diaframma, è corretto? Bene, ora prendendo invece un obiettivo a caso online.. Canon EF 70-300mm f/4-5.6 ....... per cosa stanno 70 e 300 mm? Avrei bisogno di alcuni chiarimenti sulla lunghezza focale e infine un dubbio che ho sempre avuto.. a cosa servono i "tubi di prolunga"? :-) Scusatemi ma ho le idee un po' confuse! Sta sera cercherò di chiarirmele un po' leggendo questa pagina trovata su wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Obiettivo_fotografico e relativi link, ma ogni vostro contributo sarà sicuramente gradito! :D


Grazie!
Luca


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MessaggioInviato: 12 novembre 2011, 0:25 
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Ciao a tutti. Io sono il felice possessore di una compatta, che ho sempre con me quando vado in Natura. E con lei ho fatto foto cui sono affezionatissimo. Esiste però un campo piuttosto specifico di foto che io trovo molto belle, ma sì spendiamo addirittura la parola “artistiche”, di cui Luca ha mostrato parecchi e validi links. Ecco, per realizzare quel tipo di foto si richiedono particolari (e pesanti) attrezzature, una certa tecnica e un tempo notevole per finalizzare ogni inquadratura.
E’ chiaro che, quando si esce per esplorare il territorio alla ricerca di Orchidee, quelle foto non è possibile farle, manca il tempo e nemmeno si ha con sé tutto ciò che serve.
Quindi di spazio, nella nostra attività, per compatte, bridges o anche per reflex, ma senza troppi orpelli attorno, ce n’è in abbondanza. Le foto che si ottengono, se si è bravi fotografi, se anche lì la tecnica è giusta e naturalmente se si ha pure un po’ di gusto, sono spesso belle o anche molto belle. Senza andare lontano ricordo Gianni Orrù e Matteo Perilli che, con compatte-bridges e in genere l’aggiunta di lenti macro, ottengono risultati eccellenti. Quindi non potrò certo io disprezzare le compatte, visto che con loro mi diverto un mondo. Però vi è anche la coscienza che esiste una dimensione diversa di foto, con una qualità complessiva di immagine parecchio superiore. Ma sia chiaro, per realizzarle occorre uscire specificamente per fare quello e basta.
Semmai agli amanti della piacevole foto “leggera” con compatte e bridges mi sentirei di consigliare comunque sempre l’acquisto di macchine che permettano le stesse regolazioni delle reflex, soprattutto sarebbe importante avere sempre il programma di esposizione automatica a priorità di diaframma. Inoltre sarebbe pure importante avere la possibilità di scattare in Raw, che amplia enormemente la qualità in post-produzione. Purtroppo questa caratteristica, al momento attuale, comporta dei prezzi che non trovo molto giustificati in macchine compatte.
Ringrazio Forbix, che ha interpretato alla lettera il mio pensiero, e rassicuro Giuliano che, per l’affetto verso la praticità delle compatte, siamo sulla stessa barca.
Passiamo a dare qualche risposta a Luca, che ci pare avviato sulla strada buona per diventare un fotografo appassionato.
Nella tua macchina 1/60 è segnalato come tempo più veloce possibile di sincro flash. Significa che, utilizzando il flash potrai usare 1/60 oppure tempi più lenti, ma non tempi più veloci. La ragione è nella dinamica degli otturatori a tendina: con tempi molto veloci la seconda tendina parte in chiusura prima che la tendina iniziale sia totalmente aperta (in pratica l’esposizione è data da una fessura che scorre). Ebbene in queste condizioni la luce del flash non riesce a coprire tutta l’immagine, una fetta rimane oscura. Ecco perché viene segnalato il tempo minimo di velocità di otturazione, che permetta invece di illuminare ancora tutta l’immagine.
Oggi nelle reflex più moderne questo tempo si è notevolmente ridotto, in genere si va da 1/200 a 1/320. Inoltre i moderni flash elettronici più avanzati, interagendo elettronicamente con la macchina, permettono l’auto FP, che consente di utilizzare il flash anche con tempi velocissimi.
Passando ad altro tema, il diaframma oggi si regola di norma sempre elettronicamente dalla macchina fotografica, senza mai toccare la ghiera dei diaframmi, tant’è vero che parecchi obiettivi moderni la ghiera non la posseggono nemmeno più. Comunque in macchine vecchie o in situazioni in cui il contatto elettronico sia per qualche ragione interrotto, la vecchia ghiera permette sempre e comunque di regolare il diaframma.
Gli obiettivi sono sempre definiti essenzialmente dalla lunghezza focale e dal diaframma più aperto, che illustra la luminosità della lente. Nel tuo caso si tratta di una lente parecchio luminosa (F2,2). In realtà oggi vicino a focale e luminosità si trovano sempre molte altre sigle, particolari per ogni marca, che illustrano, si fa per dire, se l’obiettivo è per APS o full frame, se è stabilizzato, il tipo di autofocus realizzato, se ha subito particolari trattamenti, etc.
70-300mm f/4-5,6 significa che si tratta di uno zoom con escursione tra 70mm e 300mm. F4 è la luminosità a 70mm, F5,6 è la luminosità a 300mm (quindi nel passaggio tra 70 e 300mmm perde uno stop di luminosità).
I tubi di prolunga , spostando la focale, permettono di mettere a fuoco più da vicino e quindi consentono dei rapporti di riproduzione maggiori. In parole povere puoi ingrandire di più il soggetto. Un tubo, a parità di lunghezza, determina un ingrandimento maggiore in una focale corta, però con questa sarai costretto ad arrivare molto vicino al soggetto.
Per intenderci un 60mm con rapporto naturale 1:1, con 68 mm di prolunga ottiene un rapporto di riproduzione 2,4:1. In pratica, se ho un sensore APS di 24mm di larghezza, a rapporto 1:1 naturale inquadro a fuoco sul sensore, a fuoco minimo, esattamente 24 mm di soggetto,
Con i tubi, a rapporto 2,4:1, inquadro invece 10 mm di soggetto, quindi ho un ingrandimento 2,4 volte maggiore. I tubi, non avendo lenti, non danno alcun decadimento qualitativo, però presentano due problemi: richiedono grosse quantità di luce per esporre e offrono una profondità di campo ridottissima. Come se non bastasse, poiché il diaframma, allontanandosi dal sensore diviene in pratica più stretto, aumenta anche il problema della diffrazione ottica. Quindi possono essere uno strumento prezioso in certi casi, ma bisogna saperli usare bene.
Se vi saranno altri dubbi, speriamo di poterli risolvere. Ciao e a presto Riccardo


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Bene bravi nelle risposte, che forse non hanno bene interpretato il mio pensiero, che per vari motivi non si riferiva certamente solo alla compatta, penso che nel cappello del primo intervento di Riccardo si potesse fare a meno per fare unl paragone, al fotografo della domenica, i Forum e sopratutto il nostro hanno bisogno di molti fotografi della domenica che con le loro testimonianse ci fanno conoscere realta molto spesso sconosciute; Sulla qualità non entro nel merito, e bene ha fatto Luca a renderci parteci di tante belle foto che riempiono il cuore, e,sopratutto per via della mia lunga passione, mi viene da dire attenzione, alle scelte, tutti gradiscono le cose belle, ma non diamo l'impressione di rimpicciolire le cose altrui.... Comincio ad invecchiare me ne accorgo, ma è invitabile, un ultimo consiglio L'atleta che arriva primo sul filo di lana ha bisogno di secondi e terzi per avvalorare il suo risultato .... altrimenti se corre da solo arriva primo ma anche ultimo, Saluti
Giuliano

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Cognome: De Vivo
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Caro Giuliano, ho capito adesso la ragione del tuo cruccio. In realtà proprio non ha motivo di esistere perché un tipo di valutazione arrogante, soprattutto poi su questo tema, è proprio la cosa più lontana dal mio pensiero.
Con fotografo della domenica io intendo non chi fotografi saltuariamente per mancanza di tempo o altra ragione. Anzi in questa categoria di persone spesso vi è gente attenta e molto in gamba.
Il fotografo della domenica per me è chi scatta a casaccio, senza seguire le regole minime di una elementare tecnica fotografica. Niente di scandaloso, capiamoci, ma basterebbe un nulla di attenzione in più per ottenere, con la stessa identica fatica, risultati enormemente migliori.
Noi orchidofili fotografiamo per avere un ricordo e anche una documentazione da mostrare e di cui magari discutere. Non è sicuramente indispensabile l’opera d’arte, ma una immagine a fuoco, ben esposta e leggibile sicuramente sì. Tutto questo si ottiene con un minimo di attenzione e poche regole assolutamente facili. Noi ci interessiamo di Epipactis, ma hai idea di quante volte ci arrivino documentazioni fotografiche illeggibili? E per me è davvero un cruccio pensare che bastava un nulla per realizzare quelle foto in modo ben diversamente efficace.
Quindi, per l’amor del cielo, nessun disprezzo per chi fa brutte immagini, già anche le mie di certo non finiranno mai sul National Geographic, però il desiderio di migliorarsi nell’uomo è comunque un valore e sarebbe bello che chiunque sapesse presentare buone documentazioni, perché penso che ognuno di noi provi piacere nell’ammirare la bellezza di un fiore in una buona foto.
Per esempio anche chi fotografi con una compattina può ottenere vistosi miglioramenti mettendo in ombra il proprio soggetto. Infatti le compatte, dotate di gamma dinamica molto inferiore alle reflex, soffrono molto i contrasti violenti e bruciano volentieri le alte luci quando fotografi in sole.
Inoltre con un cavallettino cinese (4 euro e 80 gr di peso) si hanno clamorosi miglioramenti, scattando con l’autoscatto per non muovere la macchina. E poi le compatte, soprattutto di fascia bassa, in macro hanno spesso problemi di messa a fuoco con soggetti carenti di contrasto: ebbene con il cavallettino basta mettere qualcosa di contrastato (ottimo un foglietto con scacchi bianco-neri) all’altezza del fiore e poi premere l’autoscatto. Così la macchina prende facilmente il fuoco giusto e il foglio si toglie prima dello scatto dell’otturatore. Oppure a mano libera si inquadra da vicino il proprio dito e lo si fa mettere a fuoco. Poi, tenendo premuto a metà il bottone di scatto, si fa tenere alla macchina questa impostazione di fuoco, ci si avvicina al fiore e , con piccoli movimenti avanti-indietro si trova in un attimo il punto in cui il fiore sia a fuoco e si scatta. E’ questo un modo efficacissimo per mettere a fuoco perfettamente soggetti che la macchina non riesce a localizzare in modo automatico, cosa che in macro capita con frequenza.
Insomma anche un fotografo dell’ultima ora, con poca attenzione e qualche accorgimento, può rapidamente tirarsi fuori dal ruolo “incomodo” di "fotografo della domenica".
Sono sicuro che anche tu Giuliano converrai sull’utilità di questo risultato. Ciao Riccardo


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